Dopo l’armistizio dell’8 settembre tutto il territorio della Venezia Giulia e della provincia di Lubiana, il Friuli e Gorizia passarono progressivamente sotto il controllo del Reich nazista, inaugurando per queste terre uno dei periodi più cupi della sua storia. Fu così che venerdì 15 ottobre 1943 i cittadini del territorio lessero del loro nuovo destino: “Nella zona d’operazioni “Litorale Adriatico”, comprendente le province di Trieste, Lubiana, Gorizia, Friuli, Istria e Quarnero [o Quarnaro], unitamente ai territori incorporati Sussak, Buccari, Concanera, Castua e Veglia, il Gauleiter e Governatore del Reich il dott. Rainer ha assunto tutti i poteri pubblici civili quale Alto Commissario della zona d’operazioni “Litorale Adriatico”. Tutte le autorità e gli uffici pubblici di questa zona sottostanno all’Alto Commissario. Le funzioni civili finora esercitate dalle Forze armate tedesche sono passate agli uffici dell’Alto
Commissariato” <1.
Nelle province orientali come del resto in quelle di Bolzano, Trento e Belluno, i tedeschi crearono un regime di vera e propria occupazione bellica attraverso una loro esclusiva amministrazione. Il Controllo tedesco, come si vedrà, fu più esteso e più penetrante rispetto a quello attuato sul resto del territorio italiano da essi controllato.
La costituzione dell’Operationszone Adriatisches Küstenland significò per le province del Friuli e della Venezia Giulia la dura esperienza dell’occupazione nazista e per una parte di queste zone anche la definitiva scissione dal resto d’Italia. Una scelta da parte delle autorità tedesche che aveva radici ben più profonde, che deve essere vista come una decisione ponderata e voluta da Berlino, e non come estemporanea, per sopperire ad una situazione di emergenza creatasi all’indomani della caduta dell’Italia.
Per quanto concerne il territorio del confine orientale, che interessa questo lavoro, già il 26 luglio 1943 fa presagire una futura occupazione tedesca delle terre adriatiche: subito dopo la caduta di Mussolini, il Gauleiter <2 della Carinzia Friedrich Rainer, infatti, inviò a Himmler un Telex urgente ove richiamò l’attenzione sul pericolo che questa crisi italiana avrebbe rappresentato per la Germania nella zona adriatica. A preoccuparlo era la minaccia di uno sbarco alleato e il rafforzarsi delle formazioni partigiane tra il confine del Reich e l’Adriatico. Nella primavera del 1947 Rainer rispose così al giudice istruttore del Tribunale Militare della IV Armata riguardo all’Italia: “Dopo la caduta del fascismo cominciai a riflettere sulle conseguenze. Personalmente ero convinto che l’Italia avrebbe rinunciato all’Asse Roma – Berlino. Ebbi il timore che l’Italia si mettesse dalla parte nemica il che avrebbe significato pericolo immediato per la regione governata da me [la Carinzia], soprattutto nel caso di uno sbarco anglo-americano a Trieste” <3.
La stessa totale sfiducia nell’Italia e nei suoi governanti si ritrova nelle proposte di Rainer sul futuro dei territori italiani sul confine orientale: “[chiedo] che vengano subito occupate da truppe tedesche la Val Canale ed il Litorale e per di qua venga raggiunta quella linea naturale di difesa che ha resistito nella prima guerra mondiale. L’attuale confine offre al nemico tutti i vantaggi”. <4
Dietro la richiesta di un intervento diretto tedesco nel territorio si nascondeva il forte desiderio da parte del dott. Rainer di espandere il suo dominio personale al di là del confine. Il Gauleiter della Carinzia cavalcava in quel momento l’idea di una parte dell’opinione pubblica che all’interno del Reich mirava alla riunificazione dei territori appartenuti al vecchio Impero asburgico, visioni e spinte espansioniste che trovavano giustificazione nella politica nazista nei confronti delle minoranze tedesche all’estero. Nei progetti del partito nazista, infatti, sempre molto forte era il desiderio di raccogliere tutto il mondo tedesco in un unico stato. Ciò interessò direttamente le terre dell’Alto Adige e indirettamente anche zone della provincia di Udine. Non si deve dimenticare che negli accordi per le «opzioni», tale diritto fu esteso anche ad altre zone d’Italia, tra cui quella del Tarvisiano e la Val Canale (Kanaltal), entrambe nella provincia friulana <5.
Anche queste zone delle province orientali rischiavano nel futuro di essere inserite nelle rivendicazioni dei gruppi nazionalisti «pangermanisti» tedeschi. La preoccupazione delle autorità italiane nei confronti del loro alleato sempre più potente si riassumono nell’ affermazione del Duce dell’ottobre del 1941 riportata nel “Diario” di Ciano: “L’Europa sarà dominata dalla Germania. Gli stati vinti saranno vere e proprie colonie. Gli stati associati saranno province confederate. Tra queste la più importante è l’Italia. Bisogna accettare questo stato di cose perché ogni tentativo di reazione ci farebbe declassare dalla condizione di provincia confederata a quella ben peggiore di colonia. Anche se domani chiedessero Trieste nella spazio vitale germanico, bisognerebbe piegare la testa” <6.
È certo che all’epoca Mussolini non potesse prevedere cosa sarebbe accaduto due anni dopo, ma la paura che la Germania (in quel momento invincibile potenza europea) potesse avere mire annessionistiche su tali territori era presente già da molto tempo prima.
Rainer intendeva quindi dare voce a queste idee di espansione e di “irredentismo austriaco”, che ben si sposavano con le linee del «Nuovo Ordine Europeo» nazista, idee che Hitler aveva sino ad allora sacrificato in nome dell’alleanza con l’Italia e dell’amicizia personale con Mussolini <7. Tra le figure di spicco della dirigenza nazionalsocialista che sostenevano questa politica espansionistica troviamo Goebbels e Bormann. Alla vigilia della liberazione del Duce, Goebbels annotò sul suo diario: “Noi non dobbiamo riprendere nelle nostre mani soltanto il Südtirol, ma io immagino che sia tracciata una linea a sud del Veneto. Tutto ciò che un tempo apparteneva all’Austria deve tornare nelle nostre mani. Con la loro infedeltà e con il loro tradimento gli italiani hanno perso ogni diritto a uno stato nazionale di impronta moderna. Per questo come richiede la legge della storia, dovranno subire la più dura delle punizioni” <8.
Nelle parole di Goebbels emerge chiaramente il sentimento antitaliano che serpeggiava in Germania e da tempo ormai in Austria. Unico ostacolo alla realizzazione di tali progetti sarebbe stato l’appoggio del Führer ad un nuovo Governo fascista in Italia. I fatti italiani del luglio del 1943 avevano però irrimediabilmente cambiato le cose: Hitler non aveva alcun obbligo nei confronti del nuovo Governo italiano, lo stesso Rainer sentì essere arrivato il momento giusto per proporre un intervento diretto da parte della Germania in questi territori.
Tutto ciò porta quindi a pensare che la scelta politica di instaurare una zona d’operazioni in questo territorio non fosse del tutto casuale o dell’ultimo minuto, ma il risultato di una strategia diplomatica e politica programmata dal Gauleiter della Carinzia molto tempo prima del settembre 1943. Una figura forte quella di Rainer, che si imporrà con decisione nel futuro dei territori orientali.
[NOTE]
1 «Il Piccolo», L’insediamento dell’Alto Commissario della zona di operazioni “Litorale adriatico”, venerdì 15 ottobre 1943.
2 Gauleiter inizialmente furono denominati i capi di una sezione locale dell’NSDAP, successivamente furono indicati con questo termine i capi di un Reichsgau (una suddivisione amministrativa dello stato tedesco).
3 Deposizione di Rainer al giudice istruttore del Tribunale militare della IV Armata jugoslava; Lubiana primavera 1947, in K. Sthulpfarrer, Le zone d’Operazione Prealpi e Litorale Adriatico 1943-1945, Gorizia, 1979, Appendice Documenti p. 225.
4 E. Apih, Tre documenti sulla politica nazista nel “Litorale Adriatico”, in «Il Movimento di Liberazione in Italia», n. 106, 1972, pp. 37-76.
5 Il 23 giugno del 1939 venne firmato a Berlino nel comando generale delle SS l’accordo riguardante il trasferimento dei Sudtirolesi nel Reich. Questo consisteva nella “libera” possibilità di scegliere (optare) entro il 31/12/39 se rimanere nell’Italia fascista con l’obbligo di essere fedeli al Duce o di espatriare nella Germania nazista. Il 29 giugno la notizia divenne pubblica. Molti scelsero l’emigrazione, ma altri rimasero nella propria patria. Il 31 dicembre 1939 era scaduto il termine per le opzioni: 166.488 altoatesini avevano optato per la Germania mentre 63.017 persone avevano optato per l’Italia. Coloro che avevano dichiarato l’intenzione di rimanere nella loro terra vennero sottoposti
a gravi manifestazioni di ostilità ed intolleranza, anche dagli stessi familiari. A causa dell’inizio della guerra e i continui bombardamenti sulle reti di comunicazione, solo 75.000 persone effettive riuscirono ad espatriare. Solamente una minima parte degli optanti ritornarono in Alto Adige dopo la fine della guerra. Per quanto riguarda la zona friulana, in seguito agli accordi italogermanici del 1939, oltre l’80% della popolazione optò per la cittadinanza germanica.
6 U. Corsini, L’Alpenvorland, necessità militare o disegno politico?, in Tedeschi, partigiani e popolazioni nell’Alpenvorland (1943-45), Atti del convegno di Belluno 21-23 aprile dell’Istituto veneto per la storia della Resistenza, Venezia, 1984, p. 12.
7 Dopo l’Anschluss del 1938, lo Hitler stesso dichiarò solennemente che non avrebbe oltrepassato, con le sue truppe, il confine naturale del Brennero. Di conseguenza egli rinunciava a qualsiasi rivendicazione sull’ex Tirolo del sud, dando credito alle aspettative nazionalistiche italiane.
8 E. Collotti, L’Europa Nazista. Il progetto di un nuovo ordine europeo (1939-1945), Firenze, 2002, p. 191.
Giorgio Liuzzi, La politica di repressione tedesca nel Litorale Adriatico (1943-1945), Tesi di dottorato, Università degli Studi di Pisa, 2004
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