Sin dal novembre 1943 l’organizzazione militare comunista stabilisce la costituzione a Roma dei Gruppi di Azione Patriottica

Una vista su Roma. Foto: R. G.

2 novembre [1943]
La polizia tedesca irrompe [a Roma] nei locali di via Catanzaro 1, dove, nel negozio di fioraio di Agostino Raponi <104, aveva sede il Comando della Va Zona dei partigiani comunisti. I partigiani, tra cui Enrico Socrate, riescono a fuggire. Raponi per non fare arrestare la moglie e la figlia, esce dal nascondiglio in cui aveva cercato scampo e si consegna alle SS che lo portano a via Tasso <105.
3 novembre
Sabotate le linee telefoniche a Pietralata.
4 novembre
Nella notte tra il 4 e il 5 novembre, un aereo lancia cinque piccole bombe sul Vaticano. I fascisti accusano di ciò gli angloamericani, ma si scopre ben presto che l’aereo partito da Viterbo era pilotato dal sergente fascista Parmeggiani che, con l’appoggio delle SS, aveva messo in pratica un‘idea provocatoria di Farinacci.
5 – 7 novembre
Dieci giovani, accusati di appartenere ad una associazione comunista, vengono arrestati dai fascisti e consegnati ai tedeschi. Stessa sorte per altri quattro il giorno 7. Distrutta l’auto di un generale nazista in via Nazionale.
7 novembre
Nell’anniversario della Rivoluzione sovietica, Franco Calamandrei <106 tiene un comizio a piazza Fiume, che termina con lo scoppio di alcune bombe a mano senza che si abbiano vittime. Altri comizi volanti vengono tenuti da Mario Leporatti e da Carlo Salinari. All’Alberone Lillo Pullara fa sventolare una bandiera rossa, con falce e martello. Durante la notte, Carla Capponi <107, Rosario Bentivegna <108 e Rodolfo Coari, con vernice rossa, tracciano scritte antifasciste sui muri di via del Corso e piazza del Popolo. Altrettanto fa un’altra squadra in via IV Novembre. Intercettati dai fascisti, Mario Formentini, Carlo Lizzani, i pittori Giulio Turcato <109 e Emilio Vedova <110, riescono a fuggire. A via Quattro Fontane sfuggono all’arresto anche Marcello Bollero <111, Renato Mordenti e Emanuele Rocco. Viene invece ferito e arrestato Gianni Toti. In via Dacia viene arrestato Eugenio Messina. Nella sua abitazione vengono rinvenuti una pistola, alcune bombe a mano, una copia de “L’Unità” e buoni per una sottoscrizione a favore del PCI. Messina verrà fucilato a Forte Bravetta, il 4 marzo 1944. A piazzale Ostiense viene attaccata un’autocolonna tedesca. Rastrellamenti da parte di tedeschi e fascisti nella zona tra piazza Mazzini e piazza Bainsizza. Al Quadraro attacco a gruppi fascisti intenzionati ad arrestare “sovversivi”.
8 novembre
Carlo Salinari (Spartaco) <112 tiene un comizio volante a San Giovanni. Un altro ha luogo a largo Tassoni. La folla accorsa protegge la loro fuga dall’intervento dei fascisti, arrivati da Palazzo Braschi. Una vettura militare tedesca viene colpita in viale Marconi. Viene ordinata la chiusura dei negozi alle 17,30. Viene arrestato, su delazione, Filippo d’Agostino. <113
9 novembre
La RSI chiama alle armi i cittadini italiani delle classi 1924 e 1925. I richiamati avranno una paga di 300 lire al mese, ma devono restituire le tessere annonarie.
10 novembre
Il giovane Osvaldo Colavecchi, colpito la torace, viene arrestato. Si nascondeva dietro un cespuglio per non essere prelevato per il lavoro coatto. Il foglio “L’azione” dei Cristiano Sociali annuncia l’alleanza tra Bandiera Rossa, Cristiano Sociali, Repubblicani e Federazione Repubblicana Sociale. Rastrellamento tedesco ad Ariccia.
[NOTE]
104 Agostino (Augusto) Raponi (1907- 1976). Comandava il I° settore di piazza Bologna e l’organizzazione della Va zona partigiana del PCI. Portato a via Tasso, vi incontra i fratelli Valenzano, nipoti di Badoglio, deportati poi, agli inizi di gennaio 1944, a Mauthausen. Il suo primo arresto avvenne il 31 gennaio 1941 ad opera della polizia politica. Di nuovo arrestato il 18 febbraio dello stesso anno. Rilasciato il 17 marzo 1941 con una ammonizione di 20 mesi. In quanto appartenente al gruppo comunista “Scintilla” arrestato il 2 dicembre 1942. Dopo 6 mesi di carcere deferito al Tribunale Speciale. Dimesso dal carcere, alla caduta del fascismo, il 7 agosto 1943. Il Gruppo “Scintilla” era nato nei primi mesi del 1940, prendendo il nome dal giornale degli emigrati russi socialisti “Iskra” (scintilla), pubblicato a Lipsia nel 1900, il cui motto era “Da una scintilla nascerà un incendio”. Il giorno prima dell’eccidio delle Ardeatine, grazie al professor Giusto Fegiz, lasciato il carcere di Regina Coeli, venne ricoverato all’ospedale Forlanini, scampando così alla morte. Franca Raponi, “Scintilla nella Resistenza romana”. Edizioni Associate 2011.
105 A via Tasso 155 erano insediati l’Einsatzkommando der SIPO und des Stadt Rom (comando di sicurezza e di polizia di Roma), SS e Gestapo.
106 Franco Calamandrei (1917 – 1982). Nome di battaglia “Cola”. Laureato in legge nel 1939. Operativo nella Resistenza romana nella IIIa Zona GAP (Flaminio e Salario). Senatore nel maggio 1968 e per altre tre legislature. Medaglia d’Argento al Valor Militare.
107 Carla Capponi (1918 – 2000 ). Sposa il 20 ottobre 1944 Rosario Bentivegna. Medaglia d’Oro al Valor Militare. Parlamentare del PCI. Prima della morte ha dato alle stampe un libro di memorie dal titolo “Con cuore di donna”.
108 Rosario Bentivegna (1922-2012). Già da liceale attivo antifascista, attira su di sé l’attenzione della polizia fascista per aver costituito un Gruppo, chiamato di “Unificazione Marxista” (GUM). Viene arrestato nel 1941 per aver partecipato all’occupazione dell’Università di Roma e dopo la scarcerazione nel 1943, con diffida di polizia, aderisce al Partito Comunista Italiano. Tra gli autori dell’azione militare di via Rasella, è stato quello che più a lungo e fino ad oggi ha dovuto sopportarne il peso e l’accusa di aver causato l’eccidio delle Ardeatine, subendo numerosi processi. Inviato a Centocelle per sfuggire alla probabile cattura dopo il tradimento di Guglielmo Blasi, poi comandante militare del Comitato di Liberazione Nazionale nella zona Casilina-Prenestina, sui monti Prenestini, fino al 5 giugno 1944. Dopo la liberazione di Roma, sposata Carla Capponi, ha continuato nella lotta al nazifascismo in Jugoslavia e nel Montenegro. Nel 1968-69 in Grecia, con la figlia Elena, si è battuto contro la dittatura dei colonnelli. Presidente Onorario dell’ANPI Nazionale e di Roma. Stella d’Oro Garibaldina, Medaglia d’Argento al Valor Militare e Medaglia di Bronzo per la sua attività sui monti Prenestini.
109 Giulio Turcato (1912 – 1995) pittore, tra i maggiori esponenti dell’astrattismo italiano.
110 Emilio Vedova (1919 – 2006) pittore e incisore.
111 Marcello Bollero (1917-2001). Partigiano, settore stampa e propaganda della Va zona del PCI.
112 Carlo Salinari (1919 – 1977), laureato in Lettere nel 1941, docente universitario di Letteratura Italiana nelle Università di Palermo, Cagliari, Milano, Salerno e Roma. Arrestato in seguito al tradimento di Guglielmo Blasi, torturato a via Tasso, condannato a morte. Liberato il 4 giugno 1944. 2 Medaglie d’Argento al Valor Militare.
113 Filippo d’Agostino (1885-1944). Funzionario delle Ferrovie, consigliere comunale del PSI, dirigente della Camera del Lavoro di Bari. Nel 1921 tra i fondatori del Pcd’I. Condannato al confino tra Ustica, Favignana e Ponza. Espatriato, nel 1925 in Francia e Belgio. Rientrato in Italia nel 1926, di nuovo condannato dal Tribunale Speciale al confino. Nel 1943 nel comitato direttivo del Pcd’I. Dopo l’8 settembre 1943 militante nella Resistenza nel gruppo “Pensiero e Azione”. Deportato da Roma il 4 gennaio 1944 a Mauthausen, morto ad Hartheim il 7 luglio dello stesso anno. Medaglia d’Argento al Valor Militare.
Aldo Pavia, Resistenza a Roma. Una cronologia, resistenzaitaliana.it, 2014

Ai primi di novembre [1943] il Partito Comunista organizza una celebrazione solenne dell’anniversario della rivoluzione di ottobre. I comunisti ricoprono le mura della città di scritte inneggianti alla rivoluzione, all’esercito rosso: pittori come Guttuso, Vedova, Turcato, Mirabella, non esitano a uscire di notte con i pennelli per scrivere sui muri. Il regista Carlo Lizzani, sorpreso da una pattuglia tedesca, difendendosi con il gavettino della vernice e divincolandosi, riesce a mettersi in salvo. L’indomani il federale dell’Urbe Gino Bardi si scaglia contro «gli eroi del pennello» che non osano mostrare il viso. Fu deciso allora di organizzare per la sera del 7 novembre comizi all’aperto, che difatti furono svolti regolarmente a Largo Tassoni da chi scrive le presenti note, a piazza Fiume da Franco Calamandrei, a piazza S. Giovanni da Carlo Salinari. Furono naturalmente comizi di breve durata, che non mancarono peraltro di impressionare la popolazione.
Attacchi a camions tedeschi con spezzoni incendiari si susseguono con frequenza. Gli spezzoni sono preparati in una officina di Via Giulia dal fisico Giulio Cortini e dall’architetto Giorgio Labò che lavorano con l’aiuto di alcuni operai. La carenza di materiale adatto e l’improvvisazione del lavoro fa sì che non sempre le cose riescano bene. Era stata preparata dai fascisti per la mattina del 18 novembre una grande manifestazione al teatro Adriano: vi sarebbe intervenuto il maresciallo Graziani. La sera precedente Fabrizio Onofri con altri due patrioti si presentarono come operai addetti all’addobbo del teatro e collocarono sotto il palco un ordigno ad orologeria con parecchi chilogrammi di esplosivo. L’ordigno, regolato per l’esplosione alle ore dieci dell’indomani, per difetto di fabbricazione non esplose e fu tolto di sotto al palco dopo la liberazione fra il terrore del personale del teatro, allibito all’idea di avere lavorato per tanti mesi vicino e sopra un palcoscenico tanto pericoloso.
In novembre il partito d’azione subisce un colpo per l’arresto di Vindice Cavallera e della moglie di lui Iole Vigna, viene arrestato anche Stefano Siglienti, nonché in una tipografia di via Basento tutti i tipografi e l’architetto Mario Fiorentino redattore di Italia Libera. Vengono arrestati anche Leone Ginzburg, Manlio e Gastone Rossi Doria e Giuseppe Orlando. Gli arresti non colpiscono del resto il solo Partito d’Azione ma indiscriminatamente tutti i partiti. In dicembre nuclei di polizia fascista e di SS entrano nei collegi Russicum e Lombardo e vi arrestano una quantità di ufficiali del Centro militare.
Mario Leporatti, Breve profilo della Resistenza romana, Quaderni della FIAP, n. 8

La forza ciellenista principale artefice della lotta antifascista fu, come detto, il Partito Comunista che, appurata l’impossibilità di giungere a una decisione collegiale univoca sull’organizzazione della guerriglia urbana, decise di svolgere in maniera autonoma la lotta armata. A tal scopo sin dal novembre ’43, anche su sollecitazione dei dirigenti settentrionali del partito che lamentavano la scarsa operatività delle squadre comuniste nella capitale <137, l’organizzazione militare del partito capitolina – alla cui guida vi era Amendola – stabilisce la costituzione dei Gruppi di Azione Patriottica, più noti con l’acronimo di GAP. Vi era un Gap per ogni zona. Per primi vennero costituiti i Gap delle zone centrali (i cd. Gap centrali), il “Pisacane”, il “Gramsci”, il “Garibaldi”, il “Sozzi”. La struttura organizzativa dei Gap centrali era molto verticistica; al comando della struttura vi era Antonello Trombadori, sotto cui vi erano i coordinatori delle squadre (Carlo Salinari era il responsabile dei Gap Gramsci e Pisacane, mentre Franco Calamandrei era il responsabile dei Gap Garibaldi e Sozzi), infine ciascun Gap aveva il proprio comandante <138. La grande operatività delle brigate comuniste nella Capitale fu dovuta alla felice intuizione di Amendola di arruolare nei Gap le nuove leve, e quindi quella generazione di giovani iscritti al partito estranea dalle lotte del passato, pressoché del tutto sconosciuta alla polizia politica; esponenti di spicco di questa nuova generazione erano Franco Calamandrei, Trombadori, Bentivegna, Mario Fiorentini, Carlo Salinari e poi un manipolo di donne, giovanissime, come Maria Teresa Regard, Marisa Musu e Carla Capponi. Tutti questi gappisti condividevano, oltre che la giovane età, anche l’estrazione sociale medio o alto borghese e la provenienza dai quartieri più culturalmente stimolanti della Capitale; anche questa caratteristica era il frutto di una precisa scelta di Amendola, il quale, consapevole che i tedeschi erano soliti andare a cercare nei quartieri popolari gli esecutori di azioni di guerriglia urbana, decise di affidare a questi insospettabili ragazzi della borghesia intellettuale l’esecuzione delle azioni di lotta più audaci <139, lasciando così i tedeschi – che faticosamente si affannavano a scovare “sovversivi” laddove di solito vi erano sempre stati, ovvero nelle periferie – interdetti e a lungo incapaci di capire chi li attaccasse. Ciò non toglie che anche uomini delle fasce popolari della città non abbiano dato il loro contributo alle azioni del Gap centrale.
[NOTE]
137 Lettera di Pietro Secchia contenuta in LUIGI LONGO, I centri dirigenti del PCI nella Resistenza, Editori Riuniti, Roma 1973, pp.125-126
138 A. PAVIA, Una cronologia, cit., pp.31-32
139 G. RANZATO, La liberazione cit., p.186
Guglielmo Salimei, Roma negli anni della liberazione: occupazione nazista e lotta partigiana, Tesi di laurea, Università Luiss “Guido Carli”, Anno accademico 2020-2021

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Pensionato di Bordighera (IM)
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