A Genova Balduzzi, Parri e Pizzoni ci attendevano per la notte

Genova: Via Balbi

Proveniente da un gruppo antifascista mi trovai ad essere presente alla prima riunione svoltasi nei giardini comunali di Voltri per costituire ed aggiornare i sindacati. Presenti alla riunione erano: Roveda, Buozzi, Egle Gualdi, Ruiz, Pizzorno, Delle Piane ed il sottoscritto. Dopo questa si iniziarono praticamente tutte le attività politiche. Le riunioni avvenivano nei vari stabilimenti dell’Ansaldo, Ilva, San Giorgio.
Nel mese di agosto [1943] venne da Roma un colonnello inviato da Badoglio che spiegò a noi del Comitato sindacale (formato da Pizzorno, Pastorino, Ruiz, Conforti, Delle Piane, Guerra) che il maresciallo Badoglio, nel caso di nostro appoggio per mettere il principe al posto del re, dopo un periodo di controllo militare avrebbe permesso libere elezioni.
Non passò una settimana e venne da noi un altro colonnello inviato dal maresciallo ligure Caviglia che ci proponeva le stesse cose proposteci da Badoglio, con la differenza che ci lasciava mano libera sui fascisti e ci prometteva che dopo sei mesi di dittatura militare si sarebbero tenute libere elezioni a cui avrebbe partecipato anche il partito comunista.
Nel contempo venne da me un inviato del partito comunista da Parigi; lo portai alle varie riunioni sindacali per dare un avvio politico alle vertenze in corso. Ci disse che in Spagna un membro della famiglia Badoglio aveva dichiarato che erano in corso trattative per un armistizio, pertanto secondo lui era necessario prendere contatti con i nostri militari, per vedere quali ufficiali erano disposti a seguirci, in quanto anche con l’armistizio i tedeschi non ci avrebbero lasciato.
La nostra commissione stabilì l’invio a Roma di un gruppo ristretto per conferire con Badoglio e Caviglia. Purtroppo i nostri Delle Piane, Pizzorno e Ruiz restarono a Roma e rientrarono dopo l’occupazione tedesca.
Verso i primi giorni di settembre presi contatto con alcuni ufficiali: il maggiore Piacentin, il tenente Astor Repetto, Pio Robba, il tenente di vascello Marotta (Mas cantieri Costaguta).
Raccogliemmo armi, bombe, dinamite ed abiti civili da far indossare ai militari. Le armi furono nascoste nel cantiere Ansaldo di Voltri e nella cantina del palazzo dove abitavo.
Si minò la galleria che da Vesima va ad Arenzano; con l’ingegnere Ricci, direttore dello stabilimento Ilva, si pattuì che alla mensa del mezzogiorno potevano mangiare anche i nostri partigiani. Si formarono bande armate a Fiorino e Capanne di Barcarolo. Fiorino fu comandata dal sottotenente Lucca (in seguito catturato a Sestri e deceduto).
Nelle bande vi erano militari e civili fra cui alcuni russi e alcuni polacchi (Boris e Ferrari); a seguito spiata di un polacco fu catturato un mio uomo, Montagnani, che credo sia stato il primo ucciso a Genova. Nel contempo ci riunimmo nella casa del prete a Sestri centro e lì mi furono mandati Buranello e Jori, che inviai alle capanne di Barcarolo. Ci riunimmo nella chiesa di sant’Erasmo a Voltri con don Ferrari, si formarono i vari comitati a cui presero parte più o meno sempre le stesse persone: Bernardo Odicini (società Cirenei-Pertini), De Filippi, Miroglio, Bazzurro, don Ferrari ed il sottoscritto.
Si raccolsero soldi, abiti, coperte. Allora i gruppi erano composti dai vari membri sindacali e impiegati dei tre complessi industriali. Nell’Ansaldo avevamo il dottor Bima, Lanero (morto poi in Germania), Sufitti, Boyer, Manuelli, Rocca ed altre centinaia d’impiegati ed operai.
Mentre si facevano tutte queste attività io ero sempre del parere che occorreva mettersi in contatto con gli Alleati in Corsica per avere una maggiore disponibilità di mezzi e di informazioni.
Rientrato ai cantieri Ansaldo, organizzai con gli operai interni ed esterni la barca e la spedizione. Il comitato del partito comunista, (nella persona dei suoi consiglieri Benedetto Calcagno, il professor Balduzzi e Delle Piane) m’invitò alla Biscaccia (Mele) dove Calcagno aveva la fabbrica e l’abitazione: sentito il piano per raggiungere la Corsica, mi proposero di portare con me un gruppo di prigionieri inglesi.
Accettai e fissai l’appuntamento presso lo studio del Balduzzi in via Balbi a Genova. Con il Balduzzi si studiò tutto il piano e con lui, Parri e Alfredo Pizzoni si stabilì il messaggio da far pervenire agli Alleati, grazie a lord Gore. Nella notte si arrivò a preparare un documento che portava le nostre forze partigiane a oltre mille unità.
Mi recai poi con Strassera e L. Rizzo in val d’Aveto a conoscere i prigionieri; portammo loro armi e viveri, restando d’accordo che appena pronti per partire saremmo andati a prenderli. In Brignole, fra i nostri militanti, vi era un paio di contadini, il prete don Cella ed il maresciallo dei carabinieri.
Un giorno arrivò a Brignole un gruppo di fascisti in caccia dei prigionieri; per sottrarmi alla loro presa, fui da don Cella infilato nelle vecchie camere mortuarie del sottosuolo della chiesa. Caddi dall’altezza di qualche metro su cataste di teschi e ossa di morto e solo al mattino, andati via i fascisti, riuscii ad uscire da quella incomoda posizione e raggiungere Genova.
Trovai un compagno che da Voltri trasportava della verdura con un camion, autorizzato dai tedeschi; assieme a questi, io e mio fratello Giancarlo, muniti dei documenti tedeschi di lavoratori dello stabilimento san Giorgio, partimmo per andare a prendere i prigionieri.
A Genova Balduzzi, Parri e Pizzoni ci attendevano per la notte. Purtroppo al ritorno il camion, a causa del peso, bucava tutti i momenti le gomme ed erano necessarie lunghe soste per ripararle. Ad un incrocio trovammo un fascista in divisa che ci chiese un passaggio; mentre i prigionieri volevano sparargli, io informai il fascista che si trattava di operai tedeschi, come noi addetti a lavori speciali, che rientravano alla san Giorgio di Calcinaia. Trovammo altri due posti di blocco e lo stesso fascista, per primo, disse ai suoi camerati che erano operai e ci fecero passare.
Arrivammo a Chiavari ed il camion ormai non poteva più marciare per le gomme a terra. Entrammo in una pensione, dove trovammo un maresciallo che con la padrona ci chiese i documenti: evidentemente capì che eravamo a posto e ci disse di salire, il mattino dopo di buon ora, sul treno operaio per Genova.
A Genova avevamo preparato due appartamenti, uno in via F. Cavallotti 16 ed un altro nel vicolo di Boccadasse. Appena giunti, il nostro amico Gaggero e mio fratello portarono i prigionieri, mentre io portavo lord Gore, primo a partire, a casa mia a Voltri. Telefonai al Balduzzi comunicandogli che eravamo vivi e mi trovai con lui e Pizzoni per precisare la situazione. Pizzoni partì per Milano ed il Balduzzi venne con me a Voltri per riparlare con lord Gore e consegnare allo stesso informazioni, richieste e documenti.
Rifornimmo tutti i prigionieri di vestiti civili e di scarpe (le sigarette le avevamo avute dal lancio di Farfanosa). Nell’appartamento di Boccadasse c’era un radiotelegrafista che ad una data ora, con una canna, metteva la sua antenna su di un’antenna tedesca che partiva dal castello di Santa Chiara ed andava verso la chiesa di Boccadasse. Mentre i tedeschi col camion cercavano la radio, noi per cinque minuti tutte le sere parlavamo con Londra. Il maggiore neozelandese (di cui non ricordo più il nome), avendo un aspetto ligure, veniva con me in giro per Genova. Lo portai persino al teatro di corso Buenos Aires, mangiammo in vari ristoranti, persino al De Ferrari. La presenza del maggiore neozelandese era necessaria per far vedere che, malgrado l’occupazione tedesca, eravamo ancora in forze e, se aiutati convenientemente, eravamo in grado di capovolgere la situazione.
Venne il momento della partenza, ma il comandante D. Cardinale non era mai pronto e rimandava sempre con una scusa o con l’altra, finché una sera lo obbligammo a partire. La prima missione fu così composta: il comandante Davide Cardinale, il motorista Luigi Rizzo, maresciallo Umberto Conforti e il passeggero lord G.T. Gore.
Al ritorno venne un Mas con la missione composta da Cavallini (Siro), Nino Bellegrandi e il radiotelegrafista Biagio accompagnato da Davide Cardinale. Il Mas venne parecchie volte sul posto, ma per varie ragioni la missione non sbarcava, finché una notte il Cavallini decise di sbarcare insieme con i suoi uomini.
Il Cavallini con i suoi uomini fu da me accompagnato a Genova in via F. Cavallotti. Gli inglesi portarono Cardinale con loro ed attesero notizie di Cavallini. Il radiotelegrafista di Cavallini comunicò l’arrivo e la collocazione, al che gli inglesi lasciarono a Napoli il buon Cardinale (il Cavallini è attualmente generale).
29 novembre 1943: lancio alleato a Cabanne, soldi, armi, viveri e soldi personali per i prigionieri. Le armi furono sistemate direttamente nelle caverne del costruendo acquedotto, poi dal sottoscritto portate a Genova dove nessuno si vedeva per prenderle, anzi per giustificare tali assenze s’insinuava che eravamo dei nemici. Finché Tommaso Bazzurro (Berio), commissario della quarta zona, venne a prenderle sotto gli archi del ponte di Sturla dove due partigiani di Sturla, padre e figlio, le avevano sistemate.
29 novembre 1943: il maggiore Ernesto Roggero passa alle dipendenze della Otto ed assume l’incarico di coordinatore militare alle dirette dipendenze del Balducci. Aiutante a sua disposizione era il tenente di vascello Mario Pompei (Ugo) arrestato e fuggito dalla Casa dello studente di Genova. Dopo l’accordo con Parri di assumere la Otto, come tutta l’attività militare delle bande del Piemonte, Liguria e Toscana Nord-Occidentale, si provvide direttamente a stabilire i collegamenti per i rifornimenti. Furono destinati al collegamento il tenente Pietro Lodigiani, zona del Cuneese, G. Alpron (Visentin II), Liguria, capitano A. Repetto con Similia (cardinal Siri), Berio, Diodati. G. Alpron, dopo la morte del fratello, capitano Gabbia, comandante di una formazione della val Casotto, lasciò l’incarico di commissario politico che teneva col colonnello Rossi ed il dottor Cascione e, per conto della Otto, si provvide a collegare le formazioni di monte Tobia, venne collegato il CLN di Berceto e il responsabile militare di La Spezia.
A gennaio-febbraio molti lanci vennero effettuati nelle zone da noi segnalate, ma per varie ragioni furono insufficienti e tardivi nel coprire le urgenti necessità.
Giuseppe Conforti, Le missioni inglesi e l’attività clandestina a Genova in No. 1 Special Force nella Resistenza italiana, Atti del convegno di studio tenutosi a Bologna, 28-30 aprile 1987, sotto gli auspici dell’Università di Bologna, … FIAP – Bologna, Clueb, 1990

… punto di sbarco e imbarco alla foce del Polcevera, nel Cantiere ILVA di Voltri.
Qui, la notte fra il 1° e il 2 febbraio 1944, sbarcò da due PT americane, una delle quali ebbe un’avaria, la missione LLL/2 Charterhouse (Tail Lamp 2), del sottotenente Italo Cavallino, Siro, comprendente il sottotenente istruttore di sabotaggio Nino Bellegrandi, Annibale, e il radiotelegrafista di Marina Secondo Balestri, Biagio, con una radio ricetrasmittente italiana in valigia. Cavallino e Balestri furono inviati nella zona di Mondovì, in Val di Pesio, presso la formazione del capitano degli alpini Piero Cosa; Bellegrandi rimase come istruttore a Genova…
Ammiraglio Giuliano Manzari, La partecipazione della Marina alla guerra di liberazione (1943-1945) in Bollettino d’Archivio dell’Ufficio Storico della Marina Militare, Periodico trimestrale – Anno XXIX – 2015, Editore Ministero della Difesa

A settembre 1944 da Ventimiglia era già partita a bordo di una barca a remi una ennesima squadra diretta in Francia e composta dai patrioti Adelmo Rossi, Emanuele Zucchetto, Domenico Grillo, Ottorino Palmero, Emilio Calcopietro, ecc., che combatterono a fianco delle truppe francesi… Il 29 settembre partiva pure Secondo Balestri (Biagio), unico salvatosi di una missione alleata denominata Charterhouse LLL 2, destinata alla Riviera Ligure di ponente ed al basso Cuneese che, partita il 15 gennaio 1944 da Brindisi, sbarcata sulla costa con mezzi navali, composta dai militari Italo Cavallino (Siro), Nino Bellegrandi (Annibale) e dal suddetto, dopo varie peripezie venne annientata. Biagio, arrestato il 22 aprile 1944 a Pieve di Teco con un altro dalle SS tedesche per delazione di un certo Santacroce, e torturato, fu costretto a trasmettere alla sua base messaggi preparati da un ufficiale tedesco di nome Reiter. Poi il 31 luglio riuscì a fuggire e a rifugiarsi presso il comando della V^ Brigata [“Luigi Nuvoloni” della II^ Divisione “Felice Cascione“] a Pigna, dove rimase fino al 29 di settembre)…Francesco Biga, Storia della Resistenza Imperiese (I^ Zona Liguria), Vol. III., ed. Amministrazione Provinciale di Imperia, 1977

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Pensionato di Bordighera (IM)
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