Morte dell’ammiraglio Mitsunobu e del generale Crisolli sulla montagna pistoiese

Porretta Terme, Frazione di Alto Reno Terme (BO): il fiume Reno. Fonte: mapio.net

Per completare il quadro della presenza di formazioni partigiane a ridosso della linea del fronte, occorre ricordare che nel Montalbano a nord-est del Padule erano presenti tre-quattro bande attive e che nella zona a nord di Montemurlo si trovava la ‘Buricchi’, composta di 200-300 individui in contatto con gli Alleati mediante ‘radio Cora’. Esisteva, quindi, per i tedeschi l’effettivo rischio di un’azione congiunta di queste bande sulle vie obbligate per la loro imminente ritirata dalla statale Fucecchio-Monsummano-Pistoia e quelle lungo le valli del Bisenzio e sulla Pistoia-Bologna ai valichi di Porretta e di Abetone.
Che i passi appenninici non fossero soltanto un rischio ipotetico i tedeschi lo sapevano da diversi mesi. Il convoglio dello stesso Crasemann, in arrivo da Bologna, era stato attaccato proprio a Porretta e uno dei suoi ufficiali vi era rimasto ucciso. Un mese prima, l’8 giugno del ’44, su un versante vicino, quello del passo degli Affrichi a Pianosinatico, era stato ucciso anche un ufficiale della Marina imperiale giapponese. <64
Toyo Mitsunobu era un contrammiraglio che in Italia svolgeva le funzioni di addetto navale nipponico. Lasciata Livorno, si era trattenuto alcuni giorni a Montecatini soggiornando al grande hotel La Pace. Dopo aver incontrato gli ufficiali della marina tedesca di stanza a La Querceta, si stava recando in missione di intelligence a Merano dove, al castello Labers, esisteva un centro di smistamento della produzione di sterline false, da tempo nel mirino sia dell’intelligence inglese che dei partigiani operanti in quella zona.
Questa attività a danno dell’Inghilterra, detta “Operazione Bernhard”, era iniziata nel lager di Sachsenhausen vicino a Berlino dove i nazisti avevano potuto utilizzare esperti falsari guidati dall’ebreo russo Salomon Smalianoff ed era poi proseguita in Italia dove, in un castello di Merano, agivano i coniugi Maria Clementi e Giovanni Giusto. Il piano segreto dei tedeschi, che prendeva il nome dal capitano delle SS Bernhard Krueger, doveva servire a mettere in crisi l’economia britannica mediante l’immissione massiccia di banconote contraffatte.
Un consistente quantitativo di esse – pari a circa 133 milioni di sterline – una volta immesso sul mercato inglese avrebbe dovuto far aumentare l’inflazione in Gran Bretagna fino a indebolire o addirittura distruggere il sistema finanziario nemico. Scoperto l’inganno gli inglesi avevano subito adottato rapide contromisure chiedendo la collaborazione della Resistenza italiana che a sua volta provvide ad affidare il compito di fermare Toyo Mitsunobu ai partigiani della ‘Pippo’.
L’8 giugno, mentre tre pattuglie della formazione comandata da Manrico Ducceschi facevano saltare i ponti sul Gronchio e sulla Lima, una quarta, destinata a ostacolare il traffico sul passo dell’Abetone mediante il lancio di chiodi a tre punte, appena fu informata da una staffetta partita da Montecatini che a bordo di un’auto sarebbe transitato di lì l’addetto navale giapponese, predispose un posto di blocco in prossimità del ponte all’Affrico sopra Pianosinatico.
La vettura, lasciata Montecatini a metà pomeriggio, per non esporsi ai raid dei caccia alleati, aveva preso la strada che da Pescia sale a Popiglio e dopo il ponte alla Lima si immette sulla statale per il valico dell’Abetone per proseguire verso Gardone e Merano. A bordo vi erano il contrammiraglio Toyo Mitsunobu, vicecomandante del dipartimento controspionaggio del ministero degli esteri giapponese per il Mediterraneo e addetto navale presso il governo della RSI, assieme al capitano di vascello Dengo Yamanaka. Ambedue armati con mitragliette Beretta, che tuttavia al momento dell’agguato non ebbero il tempo di usare.
La pattuglia inviata dal Ducceschi, composta da sei partigiani e comandata dal capitano geniere Carlo Maestripieri (‘Baffo’), si appostò lungo la statale 12 dietro una doppia curva e quando l’auto con i due alti ufficiali, una Fiat 1500 nera guidata dall’italiano Amos de Marchi, sbandò per lo scoppio dei pneumatici tranciati dai chiodi disseminati sull’asfalto, i partigiani della ‘Pippo’ sferrarono con decisione l’assalto sparando con armi automatiche.
Il capitano Yamanaka, sebbene ferito, ebbe la forza di gettarsi nella scarpata e di dileguarsi verso Rivoreta dove poi venne recuperato e messo in salvo dai tedeschi. Mitsunobu, invece, colpito da una scarica alla fronte, cadde morto sul sedile posteriore accanto alla borsa contenente documenti “altamente riservati”, come ebbe poi a dire Giovanni La Loggia. Quei documenti così importanti, subito prelevati dagli uomini della ‘Pippo’, vennero poi consegnati agli Alleati.
Tra quelle carte vi erano piani di guerra dell’Asse, ma secondo le ricerche svolte dallo storico pistoiese Giorgio Petracchi autore del libro ‘Al tempo in cui Berta filava’ che rievoca ampiamente le vicende della formazione comandata da Manrico Ducceschi, vi sarebbero state anche formule e disegni di armi segrete tedesche ottenute dal comandante giapponese durante la sosta a Montecatini Terme.
Nello stesso giorno in cui la banda ‘Pippo’ uccideva Toyo Mitsunobu a Pianosinatico, l’8 giugno del ’44, anche i coniugi Giovanni e Maria Giusto, proprietari del castello Lamers di Merano dove si stampavano sterline false, venivano catturati e poi passati per le armi da un’altra banda partigiana. In precedenza la stessa formazione aveva ucciso due emissari giapponesi che da Venezia in auto si stavano recando al castello di Merano. La circostanza confermerebbe che certe formazioni partigiane, guidate dall’intelligence inglese, sapevano marciare divise per colpire unite. <65
Giorni dopo la strage del Padule, il 12 settembre 1944, quando Crasemann e la 26a Panzer Division già combattevano sull’Adriatico, un altro episodio confermò quanto fossero pericolosi per i tedeschi i passi appenninici pistoiesi. Wilhelm Crisolli, generale tedesco comandante della 20a divisione campale della Luftwaffe – pluridecorato per aver comandato la 6a e la 13a Panzer Division e successivamente la 16a e la 33a Infanterie Division in Polonia, Francia, Yugoslavia, Russia ed Ucraina – rimase gravemente ferito in località Forra Olivacci a seguito di un attacco del gruppo partigiano di Vasco De Murtas al convoglio che transitava tra Maresca e Pontepetri.
Trasportato in coma a Campo Tizzoro, nell’infermeria della SMI, Crisolli morì pochi giorni dopo in un ospedale di Modena. Nel conflitto a fuoco era rimasto ferito anche il partigiano Ludovico Venturi che indossava una divisa militare. Per rappresaglia i tedeschi, dopo aver torturato e ucciso a colpi di baionetta lo stesso Venturi, fecero un rastrellamento di cento uomini compreso il parroco di Pracchia Aldo Ciottoli minacciandoli tutti di morte, una fine che fu sventata dall’ intervento dell’ingegnere tedesco della SMI, Kayser.
Ma da giugno e fine agosto, con Alexander che invita i partigiani a uccidere i tedeschi in ogni modo possibile e Kesselring (che sta a Monsummano fino al 14 luglio) che incita i tedeschi a intensificare la caccia ai partigiani, è soprattutto la Val di Nievole, in linea con il fronte sull’Arno, a finire in un bagno di sangue non soltanto con l’eccidio delle 174 vittime del padule, ma con una sequenza di attacchi partigiani e rappresaglie dell’esercito tedesco come si può desumere dalla ricostruzione della sequenza degli episodi indicati dal Daghini, Comune per Comune, e citati in ordine cronologico dal Salvagnini. <66
Nella notte del 5 giugno a Traversagna partigiani della ‘Magni Magnino’ attaccano con armi automatiche una autocolonna tedesca lasciando sul campo 2 morti e 1 ferito. A guidare l’attacco sfortunato era Natale Tamburini che sarà poi torturato dalla GNR e ucciso giorni dopo; non si ha notizia dei caduti tra i tedeschi. Il giorno 6 luglio in località Fattoria di Ponte Buggianese: un tedesco ucciso, uno ferito e cinque civili uccisi per rappresaglia. Il 7 luglio a Vellano 2 tedeschi uccisi e, durante un attacco ad altra pattuglia tedesca, 4 morti e 3 feriti. Alla Serra, il 10 luglio, cattura di 2 ufficiali tedeschi. IL 13 luglio alla Verruca di Massa e Cozzile: un attacco della formazione ‘Gilardi’ provoca 3 uccisioni.
Il giorno 14 luglio, a Macchino, scontro armato con 3 tedeschi che restano uccisi; stessa sorte per un maresciallo tedesco alle Panteraie di Montecatini. A San Quirico Valleriana, Pescia, il 16 luglio, scontro e uccisione di 2 ufficiali tedeschi. Il 16 luglio, ancora alla Verruca, scontro armato con cattura di un prigioniero tedesco. Nel paese di Vellano il 22 luglio un partigiano uccide un soldato tedesco; per rappresaglia case minate con 3 donne che muoiono sotto le macerie e 2 persone fucilate dai tedeschi. Il 24 luglio a Collodi: 2 tedeschi uccisi e 6 patrioti fucilati per rappresaglia. Il 25 luglio alla Cartiera Vamberti di Pescia: due militari tedeschi uccisi e l’indomani per rappresaglia 5 civili fucilati dai tedeschi.
Il 1 agosto a Le Querce in uno scontro con i partigiani di Emilio Vita 3 tedeschi restano feriti a morte. Il giorno successivo in località Poggio Rotondo di Massa Cozzile vi è uno scontro che provoca fra i militari tedeschi 3 morti e 2 feriti. Ad Alberghi di Pescia il 7 agosto il partigiano Luigi Narboni, scoperto mentre trasporta un carico d’armi e di munizioni, viene fucilato. A Monsummano l’11 agosto nel corso di uno scontro vengono cattura di 4 partigiani che saranno poi fucilati. Il 15 agosto sempre alla Verruca: 5 soldati tedeschi rimangono uccisi a seguito di un attacco partigiano. A Vaiano, Montevettolini, il 16 agosto avviene uno scontro tra i tedeschi e la formazione ‘Faliero’.
A Vellano, Cave Barsanti, il 17 agosto nel corso di una imboscata ad una autocolonna restano uccisi 30 militrari tedeschi ma il numero non trova conferma al di fuori dei resoconti della ‘Pippo’ e lascia dubitare per il fatto che, a fronte di così tante perdite, la rappresaglia tedesca comporti soltanto 3 fucilazioni. A Massarella, il 18 agosto un motociclista tedesco portaordini viene ferito e in Cavallaia un altro soldato germanico viene disarmato. A Ponte Buggianese il 21 agosto partigiani della banda ‘Fedi’ affrontano un reparto tedesco in perlustrazione impedendogli di raggiungere il casotto del Lillo, loro punto di ritrovo vicino all’Essiccatoio del tabacco. Il 23 agosto a Ponte Buggianese, Larciano, Cintolese, Stabbia, Castelmartini, Massarella: strage del padule di Fucecchio, 174 civili uccisi dalla 26ma Panzer Division tedesca.
Dunque, in circa 25 scontri a fuoco mossi dalle formazioni partigiane della Val di Nievole contro le truppe tedesche vengono registrate, tra militari semplici e ufficiali, circa 60 caduti nelle file della Wehrmacht, nel ristretto arco di tempo che va dalla prima settimana di luglio all’ultima di agosto, inferiore quindi ai due mesi. Naturale, quindi, che il Comando militare germanico n. 1015 per le province della Toscana tirrenica – che, agli ordini del generale Ubl, si era trasferito da Bagni di Lucca a Pescia nella sede della Casa del Fascio di Piazza XX Settembre – avvertisse viva preoccupazione.
Temendo come imminente il passaggio del fronte e l’avanzata degli Alleati da Fucecchio ai versanti abetonesi della Linea Gotica, ultimo baluardo di difesa dei confini tra le Alpi e la Germania, gli alti Comandi della Wehrmacht ordinano di ‘desertificare’ il padule allo scopo di eliminare ogni possibile insidia di partigiani e civili conniventi: quell’ordine male impartito dal comandante della 26ma Panzerdivision e ancor peggio eseguito agli ordini del capitano Strauch, provocherà, purtroppo, una carneficina di persone innocenti perché i partigiani nel padule non ce n’erano e se poco prima c’erano adesso, come ebbe a dire Natalina Nannini Parenti, tenendo in mano la foto della figlia Lia uccisa quel
giorno, «I partigiani del Padule? Erano rintanati chissà dove o forse erano scappati lascianodoci indifesi». <67
[NOTE]
64 Ferretti Vasco, 1944-2011. Padule di Fucecchio. La strage, il processo, la memoria di una comunità, Pacini editore, Pisa, 2012, pp.. 69-72. Si veda anche Giorgio Petrocchi, Ai tempi che Berta filava. Partigiani e patrioti sulla Linea Gotica, op. cit. pp. 108-113.
65 Leonardo Valente, Il mistero della missione giapponese, Vicenza, ISTRE editore, 2004.
66 Roberto Daghini, Il cammino della libertà, GF Press Serravalle Pistoiese, 2013, pp. 23-380.
67 Gigi Salvagnini, Storia, miti e leggende del fascismo in Valdinievole, op. cit. p.150.
Vasco Ferretti, La Resistenza nel Pistoiese e nell’area tosco-emiliana (1943-1945). Rivisitazione e compendio di una terribile guerra di liberazione, guerra civile e guerra ai civili, Firenze, Consiglio regionale della Toscana, giugno 2018

Informazioni su adrianomaini

Pensionato di Bordighera (IM)
Questa voce è stata pubblicata in Senza categoria e contrassegnata con , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , . Contrassegna il permalink.

Lascia un commento