Il generale Gambara propose, con il generale Grillo della MVSN, un piano per travasare la Milizia nel costituendo Esercito della Repubblica Sociale

Giunto in Germania il 9 ottobre [1943], Graziani ebbe una serie di colloqui con i vertici militari tedeschi. Questi si dimostrarono favorevoli alla creazione di un piccolo esercito italiano (fino a 12 divisioni), ma si opposero fermamente quando Graziani, in accordo con Mussolini, e paventando i rischi del ricorso in quel momento alla coscrizione obbligatoria, chiese di far ricorso a volontari scelti tra i prigionieri chiusi nei campi di concentramento tedeschi. [3 Allo stato attuale degli studi attinenti tale controverso aspetto degli avvenimenti, non è ancora del tutto chiaro quali impegni precisi assunse Graziani di fronte a questa posizione. <4
Quello che appare certo è che, quando il generale Canevari tornò dalla sua missione del 16-25 ottobre in Germania, attuata per trattare nei particolari la formazione delle prime quattro divisioni italiane, il protocollo d’intesa che aveva firmato, sicuro che rispecchiasse i precedenti accordi presi da Graziani, e che riportò in Patria, prevedeva la costituzione e l’addestramento in Germania di tre divisioni di fanteria e una di alpini, unitamente a dieci batterie di artiglieria. Gli organici sarebbero stati reclutati, per ciò che riguarda ufficiali e sottufficiali, nei campi di concentramento, previa un’accurata opera di selezione (e questa costituiva una moderata concessione di Hitler rispetto al suo primitivo atteggiamento, concessione riguardo alla quale i vertici della Wehrmacht non si erano espressi favorevolmente) ma completati dal gettito della chiamata alle armi in Italia di nuove classi e dei richiami.
Le prime reclute avrebbero dovuto raggiungere i campi di addestramento entro il 15 novembre. <5
Nel frattempo, durante il mese di ottobre lo scontro tra le due fazioni all’interno dell’apparato di governo repubblicano aveva continuato ad aumentare di intensità. Il 1° di ottobre, il Maresciallo Graziani aveva tenuto un discorso al teatro Adriano a Roma, cui avevano assistito, tra gli altri, numerosi ufficiali, sia in divisa che in borghese, del disciolto Regio Esercito, mediante il quale cercò di raccoglierne l’adesione al neonato governo repubblicano facendo leva ancora una volta sull’auspicata apoliticità delle future forze armate. <6
Contemporaneamente e autonomamente, però, Ricci aveva diramato un comunicato nel quale si rendeva nota la riorganizzazione della Milizia (che doveva riunire tutte le forze di terra cui avrebbe dovuto spettare la disciplina della vita del paese, quindi non solo l’Esercito ma anche le Forze di Polizia, i Carabinieri, la Polizia dell’Africa Italiana, ecc.) su due grandi branche: la Milizia Legionaria Giovanile (su base volontaria, ma con l’obbligo per gli studenti universitari di frequentare un Corso Allievi Ufficiali) <7 e la Milizia Legionaria, formata dai giovani di leva.
Come reazione a tali direttive, il generale Gambara (dal 19 ottobre capo di stato maggiore dell’Esercito) propose, con il generale Grillo della MVSN, un piano per travasare la Milizia nel costituendo Esercito affinché vi formasse un ‘Corpo delle Camicie Nere’ della forza di una divisione. <8
Ancora l’11 di ottobre una nota di Mussolini riaffermava l’importanza di ricostituire al più presto una forza militare italiana <9 e ancora il 25 dello stesso mese, come ricorda il suo segretario Giovanni Dolfin, egli si esprimeva in questi termini: “Il non rinunciare a se stessi non significa escludere gli italiani degni di questo nome dal compito disperato che ci siamo oggi assunti, per difendere il paese e ricostruire la nazione. No, non chiediamo a nessuno di essere fascista; chiediamo a tutti di essere italiani”. <10
Si giunse così alla riunione del Consiglio dei Ministri del 27 ottobre, che avrebbe dunque dovuto sancire, insieme agli altri provvedimenti generali, la definitiva vittoria della tesi dell’apoliticità dell’Esercito. Il giorno precedente, infatti, Canevari e Graziani avevano consegnato a Mussolini il progetto della ‘legge fondamentale delle Forze Armate’, da lui letto ed approvato, ai cui articoli 18, 19 e 20 veniva riaffermata tale tesi, che comportava il divieto per ufficiali, sottufficiali e soldati in servizio attivo di svolgere qualsiasi attività politica, nonché il conseguente scioglimento della Milizia. <11 Proprio tali punti, però, furono causa di accese discussioni durante la riunione tra Graziani da un lato e Pavolini e Ricci dall’altro, specchio delle profonde divergenze che dividevano le due fazioni, costringendo lo stesso Mussolini ad intervenire più volte per riportare la calma. <12 Alla fine, dopo un primo stralcio dei tre articoli e la loro successiva reintroduzione a seguito delle minacce di dimissioni di Graziani, la situazione di temporaneo compromesso fu sancita dal comunicato ufficiale che fece seguito all’incontro, elaborato da Mussolini stesso e diramato alla stampa, nel quale si ribadiva l’incorporazione della Milizia nell’Esercito ma non si faceva menzione dell’apoliticità dello stesso. <13
Anche dopo quella che poteva apparire una sconfitta, Pavolini e Ricci non si diedero assolutamente per vinti, cercando con ogni mezzo di invalidare, almeno nella pratica, le deliberazioni del Consiglio dei Ministri del 27 ottobre. Fu Ricci, in particolare, ad esporsi in misura maggiore, proseguendo i reclutamenti per la Milizia e scontrandosi apertamente a Gargnano, il 7 novembre, con il generale Gambara, presente Mussolini, sulla questione. Per superare l’impasse, Giovanni Dolfin, segretario personale del duce, e Canevari prepararono una proposta di compromesso che prevedeva la costituzione di una Guardia Repubblicana che inglobasse Carabinieri e Pai, l’istituzione di una Polizia Repubblicana e il loro subordinamento al Ministero dell’Interno. Ciò avrebbe salvaguardato l’autonomia e l’apoliticità dell’Esercito, stabilendo nel contempo un’unità di comando per i corpi destinati a mantenere l’ordine interno. Ma Ricci, ancora una volta, rifiutò tale soluzione, escludendo una subordinazione della Milizia al Ministero dell’Interno (cioè a Buffarini-Guidi). Incapace di imporsi su una delle due parti, e desideroso di non scontentarne nessuna, Mussolini rimandò ogni decisione a dopo il Congresso del Partito che si sarebbe svolto a Verona di lì a pochi giorni. <14
Questa situazione di incertezza contribuì alla decisione di inviare nuovamente Canevari in Germania, principalmente con lo scopo di rivedere gli accordi del mese precedente in modo da limitare il più possibile il numero di reclute da inviare nei campi di addestramento tedeschi (nonostante che i bandi di chiamata fossero stati resi pubblici già alcuni giorni prima), invio che sarebbe stato sicuramente accolto in maniera negativa dalla quasi totalità della popolazione.
Canevari ritornò in Italia il 26 novembre senza alcun apprezzabile risultato, pare anzi che alcune sue posizioni e dichiarazioni accrescessero in misura maggiore la diffidenza dei tedeschi nei suoi confronti in particolare e dell’atteggiamento italiano in generale (contribuendo al suo allontanamento dal Ministero della Difesa, avvenuto di lì a poco, su esplicita richiesta germanica). <15 Sapendo, perciò, di poter contare sull’appoggio dei tedeschi <16 e usciti rafforzati dal congresso del Partito, Ricci e Pavolini tornarono alla carica, ribadendo la loro opposizione ad un comando unitario delle forze di polizia sotto il Ministero dell’Interno ma, contemporaneamente, affermando la necessità di creare un adeguato strumento per mantenere l’ordine pubblico e la sicurezza interna dello stato. <17
Intanto, il 16 novembre Buffarini-Guidi presentava un decreto per l’istituzione dei nuovi corpi di polizia, incontrando la netta opposizione di Ricci e Pavolini, la stessa che ricevette un progetto di Graziani per mettere la futura Guardia Nazionale Repubblicana alle dipendenze del suo ministero.
Su tutta la vicenda, come già sottolinea De Felice, <18 il giudizio più sintetico ma lucido è quello che fornisce Dolfin nel suo diario alla data del 29 novembre: “La vessata questione della Milizia dopo una serie di nuove discussioni è stata risolta come ormai si prevedeva, cioè col pieno trionfo della tesi autonomistica di Ricci, appoggiato dal Partito. La Milizia passa in blocco alla Guardia Repubblicana, che avrà ordinamento e bilancio proprio ed il cui comandante sarà alle dipendenze dirette del Duce. Ciò significa la costituzione di un altro esercito. Si parla infatti di già con ironia dell’esercito ‘apolitico’ di Graziani, e di quello ‘politico’ di Ricci. Ma siccome questa formazione avrà anche i compiti dell’arma dei Carabinieri, ci saranno nuovi motivi di conflitto, anche con la polizia. Si ritiene che sommersi tra consoli e generali della Milizia, ben pochi ufficiali superiori dell’Arma continueranno a prestare servizio. Verranno così perduti elementi preziosi e di vasta competenza. Buffarini, che ha incassato il colpo, si dà anima e corpo ad ingrossare le file della polizia ausiliaria; il Partito fa lo stesso per le sue squadre. La Decima, coi suoi reparti; le varie formazioni autonome, a carattere più o meno poliziesco, accrescono la propria consistenza. Graziani, che insieme con Gambara ha lottato sino all’ultimo per evitare tutto questo, mi dice con profondo scoramento come l’unico esercito che per costituirsi ha un parto quanto mai travagliato è quello ‘nazionale’. Cioè, il solo che dovrebbe veramente esistere per combattere in campo aperto il nemico. Ed ha perfettamente ragione”. <19
[NOTE]
3 GRAZIANI R., Ho difeso la Patria, Garzanti, Milano, 1948, pagg. 430-31.
4 Cfr. DEAKIN F.W., op. cit., pag. 582; DE FELICE R., op. cit., pag. 448 e sgg. Per l’atteggiamento tedesco nei confronti degli IMI (Internati Militari Italiani): SCHREIBER G., op. cit., pag. 478 e sgg.
5 DEAKIN F.W., op. cit., pag. 584.
6 Per una ricostruzione del clima che si viveva a Roma in quei giorni: MONELLI P., Roma 1943, Miglioresi editori, Roma, 1943.
7 BERTOLDI S., Salò, Rizzoli, Milano, 1976, pag. 81.
8 Cfr. DE FELICE R., op. cit., pag. 452, a sua volta sulla base di una testimonianza del generale N. Nicchiarelli riportata in: PISANO’ G., Storia delle Forze Armate della Repubblica Sociale Italiana, Ed. Visto, Milano, 1982, III, pag. 1700.
9 ‘Risalire l’abisso’, in ‘Corrispondenza Repubblicana’, 11 ottobre 1943.
10 DOLFIN G., Con Mussolini nella tragedia, Garzanti, Milano, 1949, pag. 54 e sgg.
11 Il testo integrale della ‘Legge fondamentale delle Forze Armate’ è in: PISANO’ G., op. cit., pagg. 58 e 63.
12 DOLFIN G., op. cit., pag. 58 e sgg.
13 MUSSOLINI B., op. cit., XXXII, pag. 8 e sgg.
14 DE FELICE R., op. cit., pag. 459.
15 Sulla missione di Canevari in Germania, ILARI V., Il ruolo istituzionale delle Forze Armate e il problema della loro apoliticità, in ‘Annali della Fondazione Micheletti’, Brescia, 2, 1986, a cura di P.P. POGGIO, pag. 309.
16 Sull’atteggiamento tedesco è utile il rapporto del colonnello Jandl, ufficiale di collegamento germanico addetto alla persona di Mussolini, datato 19 novembre 1943, nel quale tra l’altro viene affermato: ‘…In ogni caso ritengo conveniente, se necessario anche da parte della Wehrmacht, sostenere Ricci nella sua posizione….La Milizia è l’unica idea in Italia che in genere ha ancora qualche forza di attrazione…’. Il rapporto è citato in DE FELICE R., op. cit., pag. 464.
17 Cfr. DE FELICE R., op. cit., pagg. 463-464.
18 DE FELICE R., op. cit., pag. 466.
19 DOLFIN G., op. cit., pag. 116 e sgg.
Andrea Pirani Cevolani, Le Scuole Allievi Ufficiali della Guardia Nazionale Repubblicana durante la Rsi: l’esperienza di Fontanellato, Tesi di laurea, Università degli Studi di Milano, 2000

Già il 16 settembre 1943 Mussolini con l’ordine del giorno n. 6 aveva affidato il comando della MVSN a Renato Ricci, protagonista dello squadrismo fascista negli anni del dopoguerra, membro a più riprese del Gran Consiglio del fascismo (1924-1929 e 1939-1943), presidente dell’Opera Nazionale Balilla (1926-1937), ministro delle Corporazioni dal 1939 al 1943 ed uno dei primi gerarchi a trovare rifugio in Germania dopo il crollo del regime fascista il 25 luglio 1943: «Completando gli ordini del giorno precedente ho incaricato il luogotenente generale Renato Ricci del comando in capo della MVSN». <6 Ricci si mise immediatamente all’opera: il 30 settembre convocò a Roma, per tenerli a rapporto, i comandanti di zona della milizia legionaria, i comandanti delle milizie speciali e i capi reparto del comando generale. <7 Leggendo il comunicato diffuso dall’agenzia Stefani il 1 ottobre si trova chiaramente delineato il programma di ricostruzione delle forze armate di terra, imperniato sull’inquadramento dell’esercito nella MVSN: «La milizia dovrà inquadrarsi sulla base delle legioni e dovrà riunire tutte le forze di terra cui spetterà il compito di disciplinare la vita del paese. Comprenderà due grandi branche: milizia legionaria giovanile, costituita da reparti di volontari con ferma di un anno, rinnovabile su domanda per coloro che abbiano prestato esemplare servizio; questi reparti saranno successivamente riuniti in speciali grandi unità con poderoso armamento; milizia legionaria, che inquadrerà tutti i giovani di leva.
Comprenderà le varie specialità già esistenti nell’esercito, suddivise in armi, corpi e specialità». Dopo aver accennato anche alla volontà di organizzare corsi per allievi ufficiali di complemento della milizia legionaria «ai quali hanno l’obbligo di iscriversi tutti gli studenti universitari», così l’agenzia Stefani terminava il proprio comunicato: «L’Eccellenza Ricci ha concluso richiamando tutti alla osservanza della più scrupolosa disciplina: disciplina di ferro in tutti i settori, disciplina che consenta una pronta e solida riorganizzazione delle forze armate italiane». <8
Risulta difficile anche soltanto pensare che Mussolini, il quale «sin dalle prime direttive date via radio dalla Germania si era pubblicamente impegnato a ricostruire l’esercito sulla base della milizia», <9 non condividesse questo progetto. Ce lo conferma quanto scrive il colonnello Jandl, l’ufficiale tedesco di collegamento tra il capo del fascismo e il Comando Supremo della Wehrmacht (OKW) nel suo rapporto del 19 novembre 1943: «Uno dei primi ordini del giorno diramati dal Duce dalla Germania stabiliva che solo la Milizia sarebbe rimasta in vita e che sarebbe stata ricostituita come la nuova forza difensiva italiana. A quel tempo il Duce mi disse di considerare la ricostituzione della Milizia come il suo compito principale, che aveva la precedenza su tutti gli altri affari di governo. Lo scopo ultimo era di rimpiazzare con unità italiane le unità tedesche, ora obbligate a disperdersi in servizi di sicurezza e di polizia, e lasciarle così libere per la loro vera funzione di combattimento». <10
Chi invece non era affatto d’accordo con questo orientamento era il ministro della Difesa nazionale, Rodolfo Graziani, che non perse tempo a manifestare il proprio dissenso. Stando a quanto riporta nella sua autobiografia, nella prima riunione del consiglio dei ministri del 28 settembre, Graziani contrappose «alla concezione mussoliniana, sorgente dal partito, quella dell’organizzazione di forze armate a base nazionale, apolitiche, con quadri ufficiali esclusivamente volontari, e truppa in grande parte volontaria, per poter chiamare tutto il popolo, senza etichetta di partito, a difesa della patria». <11 Indipendentemente dall’enfasi presente soprattutto nelle prime parole, che appare più che altro dettata dall’esigenza di alleggerire la propria posizione in previsione dell’apertura del procedimento giudiziario a suo carico, resta il fatto che il 1 ottobre Graziani organizzava al teatro Adriano di Roma una pubblica manifestazione a cui presero parte circa 4.000 ufficiali nel corso della quale il neo ministro della Difesa nazionale tenne un discorso imperniato sulla necessità di riprendere le armi per tornare a combattere insieme alla Germania nazista: «Questo è il nostro programma: ricostruire le nostre forze per tornare a combattere a fianco dell’alleato. Riprendere quell’offensiva che dal nord dell’Italia ricacci sulle sponde africane l’aborrito nemico anglo-sassone. Il programma dei nostri capi è quello di ricostituire le forze nel più breve tempo possibile…». <12 Nel corso della manifestazione Graziani si incontrò con il colonnello Emilio Canevari, che, il giorno dopo, gli sottopose un promemoria sulla ricostruzione dell’esercito repubblicano, nel quale si delineava un programma di lavoro diametralmente opposto a quello di Ricci. Non più un esercito di partito inquadrato nella MVSN, ma un esercito “apolitico” e “nazionale”, capace di prendere il posto del vecchio esercito regio: «Un popolo ed un esercito non si battono che per un ideale. Questo per noi oggi non può essere che la difesa e la riconquista della Patria invasa, il ristabilimento del suo onore di fronte al mondo e la difesa delle istituzioni repubblicane. Perciò l’esercito deve essere nazionale e tutto costruito rigidamente, intransigentemente, sulla base dell’onore e del dovere. Esso deve essere unico: solo l’esercito deve avere il diritto di portare le armi». Della MVSN si rivendicava apertamente lo scioglimento: «Stabiliti questi principi appare chiaro, dovendo l’esercito repubblicano essere nazionale ed unico, che l’attuale Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale non può costituirne né il nucleo né una parte, poiché si tratta di una milizia di partito, ed anche se si volesse modificarne il carattere nulla potrebbe far dimenticare al popolo italiano che si tratta di una milizia di partito. (…..) Bisogna pertanto sciogliere la milizia (battaglioni, difesa contraerea e difesa costiera nonché i giovani fascisti), assorbendone gli elementi nell’esercito della repubblica». Per quanto riguarda l’organico, nel promemoria si pensava alla costituzione di un esercito composto da «circa 300.000 combattenti più 100.000 addetti a funzioni e servizi territoriali e 100.000 complementi. Con tali forze si potrebbero creare 25 divisioni di cui 5 corazzate, 10 motorizzate e 10 di fanteria, di cui tre o quattro alpine». Infine, il reclutamento doveva essere diversificato per gli ufficiali e la truppa: mentre i primi dovevano essere tutti volontari, la truppa avrebbe dovuto essere formata da «elementi di leva inquadrati da graduati ed elementi volontari». Il promemoria – un dattiloscritto di sei pagine datato 2 ottobre 1943 – fu approvato in pieno da Graziani, che scrisse di proprio pugno in calce al documento: «Visto. Concordo pienamente e formulo proposta di attuazione». <13
Il giorno successivo Graziani si recò alla Rocca delle Caminate per esporre a Mussolini i contenuti del promemoria sull’esercito repubblicano scritto da Canevari. Non abbiamo gli elementi per ricostruire nel dettaglio il dibattito apertosi sulla questione militare all’interno del gruppo dirigente fascista. Probabilmente Mussolini fu spinto a mutare opinione da ragioni di opportunità politica, le stesse che lo indussero a non inserire nessun esplicito riferimento al fascismo nella denominazione del suo nuovo stato, che, a partire dal 1 dicembre 1943, assunse ufficialmente il nome di Repubblica Sociale Italiana (RSI). È certo soltanto il fatto che Mussolini, che, per tutto il mese di settembre aveva appoggiato la linea sostenuta da Ricci, deve aver cambiato rapidamente il suo indirizzo politico, se, già all’inizio del mese di ottobre, cominciò ad accarezzare l’idea di un esercito “nazionale”, espressione di tutto il popolo italiano – e non soltanto di una sua parte – e dello stato che si candidava ad esserne l’unico legittimo rappresentante. I tedeschi, che seguivano con grande attenzione le mosse della repubblica fascista, presero atto, loro malgrado, del mutamento di posizione di Mussolini sulla vicenda della ricostruzione delle forze armate italiane. Nel già citato rapporto del colonnello Jandl, l’ufficiale tedesco addetto alla persona di Mussolini, si legge a questo proposito: «Se si esamina la linea politica adottata dal Duce fin dalla sua liberazione, quello che colpisce maggiormente circa lo sfruttamento del potenziale di difesa italiano, sembrerebbe essere il suo improvviso mutar d’idea dal progetto della milizia a quello di ricostituire l’esercito. (…..) La partecipazione di Graziani al governo ha portato ad un completo voltafaccia nel problema e il 4 ottobre il Duce mi ha accennato per la prima volta l’idea di subordinare la milizia al nuovo esercito in formazione… Gli ufficiali dell’esercito, sotto l’ex colonnello Canevari, si erano dati da fare per entusiasmarlo all’idea di creare un esercito italiano completamente nuovo e sono riusciti a persuaderlo che così si vendicava l’onore italiano e si portava la guerra ad una svolta decisiva». <14 Il rapporto del colonnello Jandl si chiude con una serie di considerazioni che rispecchiano quello che sarà fin dall’inizio l’atteggiamento tedesco, contrassegnato da una palese diffidenza, se non da una malcelata ostilità, nei riguardi della prospettiva di una rinascita militare dell’Italia fascista: «Data l’attuale composizione dell’esercito italiano è bene che noi si stia in guardia contro un secondo 25 luglio. C’è gente che può star covando piani a lunga scadenza in questa direzione. Ma finché le munizioni rimangono in mani nostre e finché i nuovi reparti vengono formati intorno a nuclei tedeschi e sotto il comando tedesco e si mandano in azione solo piccole formazioni italiane circondate da truppe tedesche, il pericolo non può essere considerato grave. Si deve riconoscere anche che l’esercito italiano appoggiato dal Duce (che naturalmente agisce in buona fede) cerca di guadagnare a poco a poco una maggiore indipendenza ed è qui che dobbiamo andare cauti». <15
E’ in questo clima avvelenato dal risentimento tedesco contro il “tradimento” dell’8 settembre e dal timore che questo potesse ripetersi anche da parte dell’Italia fascista, nelle cui possibilità di ripresa si nutrivano scetticismo e sfiducia, <16 che Graziani il 9 ottobre 1943 partì alla volta del quartier generale di Hitler a Rastenburg per concordare le modalità della costituzione di un nuovo esercito italiano con il Führer e le massime autorità militari della Germania nazista, il comandante supremo delle forze armate, Wilhelm Keitel e il capo di stato maggiore dell’esercito, Alfred Jodl. Le decisioni prese al termine dei colloqui ancora oggi risultano poco chiare. È certo soltanto che i dirigenti tedeschi ridimensionarono fortemente gli ambiziosi programmi dei fascisti italiani: acconsentirono a creare nel giro di pochi mesi quattro divisioni, a cui avrebbero dovuto fare seguito, entro la fine del 1944, altre quattro. Ma su un punto, peraltro di decisiva importanza, si dimostrarono irremovibili. Mussolini e Graziani, che ritenevano poco opportuno e troppo pericoloso procedere in quel preciso momento alla chiamata di nuove classi di leva, auspicavano che la maggior parte della truppa del costituendo esercito dell’Italia fascista potesse essere tratta dai lager in cui erano stati rinchiusi i soldati italiani fatti prigionieri dai tedeschi dopo l’8 settembre 1943. <17 «Mussolini ed io avevamo esaminato a fondo la questione di questa ricostruzione delle Forze Armate. C’erano due sistemi in relazione a quello che Mussolini stesso aveva detto alla Rocca delle Caminate: cioè volontariato o coscrizione. Eravamo d’accordo sull’impossibilità della coscrizione in quel momento. Si pensava quindi di ricostituire le prime quattro divisioni facendo venire i volontari dai campi verso i quali affluivano ormai quei 600 o 700.000 disgraziati che per la fatalità dell’8 settembre vennero presi durante l’armistizio…». <18 Hitler, Keitel e Jodl invece si dichiararono nettamente contrari a questa ipotesi, dichiarando che gli IMI non offrivano sufficienti garanzie sotto il profilo dell’affidabilità politica e dello spirito combattivo. Si trattava di Badogliotruppen ormai inutilizzabili dal punto di vista militare, ma che, dal loro punto di vista, potevano diventare un’ottima riserva di forza-lavoro da sfruttare ai fini dell’economia di guerra della Germania nazista. Tornato in patria Graziani, Mussolini inviò in Germania Canevari, nel frattempo nominato segretario generale dell’esercito repubblicano. Canevari si recò in volo a Rastenburg, privo di istruzioni scritte (senza «nessun pezzo di carta in cui si stabilissero punti fermi» dichiara Canevari in una memoria difensiva redatta a Gargnano il 3 dicembre 1943, quando la sua posizione cominciava a farsi traballante). <19 Il 16 ottobre Canevari firmò con il generale Buhle, capo di stato maggiore di Keitel, il protocollo che doveva ratificare gli accordi presi il 9 ottobre tra Hitler e Graziani. L’accordo prevedeva, oltre alla costituzione di formazioni ausiliarie per l’artiglieria costiera e per il genio, la creazione di una «armata italiana in Germania» composta di quattro divisioni. I quadri di queste divisioni – ufficiali, sottufficiali e graduati – dovevano essere costituiti da circa 12.000 IMI selezionati tra coloro che avevano aderito alla repubblica di Mussolini. Si sarebbero così costituiti i nuclei delle prime quattro divisioni, addestrati da istruttori tedeschi. Le divisioni sarebbero poi state rafforzate dalla chiamata alle armi in Italia delle classi più giovani.
Canevari tornò in Italia il 25 ottobre, in tempo per seguire i lavori della seconda riunione del consiglio dei ministri (27 ottobre 1943) nell’ambito della quale furono approvate due leggi. La prima evidenziava con forza la soluzione di continuità tra il vecchio e il nuovo esercito, disponendo lo scioglimento delle forze armate regie; la seconda rappresentava la legge fondamentale delle nuove forze armate repubblicane. <20 La legge fondamentale stabiliva all’art. 1 che le forze armate erano costituite dall’esercito, dalla marina e dall’aeronautica e che la loro missione istituzionale era quella di «combattere per la difesa dell’onore, dell’indipendenza e degli interessi del popolo italiano». La coscrizione obbligatoria era definita «servizio d’onore per il popolo italiano e un privilegio per la parte più scelta di esso». Gli obblighi militari riguardavano tutti gli abili non esclusi per indegnità dal 17° al 37° anno di età, con incorporazione a partire dal 20° anno di età. I non incorporati costituivano fino ai 30 anni la «riserva di complemento», mentre tra i 30 e i 37 anni tutti entravano a far parte prima della «milizia mobile» e poi della «milizia territoriale». L’ educazione militare diventava prerogativa esclusiva delle forze armate e questo rappresentava una novità rispetto al ventennio fascista, quando era stata affidata prima alla MVSN e poi alla GIL (Gioventù Italiana del Littorio). Infine, volendo istituire un rigido criterio meritocratico – altro tentativo di differenziarsi dalla corruzione e dall’improvvisazione dilaganti ai tempi del regime fascista? – si stabiliva che ufficiali e sottufficiali dovevano cominciare la carriera come soldati semplici ed avanzare per «meriti esclusivamente militari». La discussione si accese soprattutto intorno all’art. 19 che vietava esplicitamente agli ufficiali e ai soldati di truppa di svolgere attività politica («Gli ufficiali, i sottufficiali e i soldati in servizio attivo non possono esplicare alcuna attività politica»). <21 Non soltanto Ricci, ma anche il ministro degli interni Guido Buffarini Guidi e soprattutto il segretario del PFR, Alessandro Pavolini, favorevoli alla creazione di un esercito di partito, si dichiararono contrari a questo articolo, che sanciva, in continuità con la tradizione dell’esercito regio, la cosiddetta “apoliticità” delle forze armate. Pavolini e Ricci riuscirono a far cancellare l’art. 19 dal testo di legge, proponendo che fosse inserito nel regolamento di disciplina. Graziani, pressato da Canevari, protestò fino ad ottenere la riconvocazione nel pomeriggio del consiglio dei ministri riuscendo così a ripristinare il testo di legge nella sua versione originale. Giovanni Dolfin, capo della segreteria particolare del duce, commentò nel suo diario la giornata del 27 ottobre 1943 in questi termini: «La legge fondamentale che riguarda le Forze Armate è stata approvata oggi, nella seduta pomeridiana del Consiglio dei ministri. La discussione è stata di una notevole vivacità, con punte addirittura drammatiche. Lo stesso Mussolini è dovuto intervenire più volte per calmare, con la sua parola, gli accesi contendenti. Oggetto profondo di divergenza sono stati gli articoli 18 e 19 della legge che, stabilendo l’assoluta apoliticità delle Forze Armate, comportano il virtuale scioglimento della milizia, in quanto tale, poiché è destinata a divenire una qualsiasi specialità dell’esercito. La questione era stata discussa e ridiscussa in questi giorni e sembrava decisamente superata dallo stesso tenore del comunicato dettatomi dal Duce. L’accordo tra lui e Graziani era in proposito perfetto. Ma Pavolini e Ricci hanno dato battaglia improvvisa e a fondo, con tutti gli argomenti politici, vecchi e nuovi, a loro favore. Graziani non ha ceduto, facendone una questione di principio dalla quale, ha dichiarato, non intende deflettere, ritenendo che la sua proposta coincida con gli interessi superiori del paese. Di fronte all’atteggiamento del segretario del partito e di Ricci, ha aggiunto di essere pronto, nel caso contrario, a lasciare ad altri il peso delle responsabilità assunte. Quest’ultimo argomento, dato il prestigio di cui gode il maresciallo, è stato decisivo e gli articoli sono stati inseriti integralmente nella legge. Pavolini e Ricci, non soddisfatti, continuano a ripetere che così si distrugge il fascismo». <22
[NOTE]
6 B. Mussolini, Opera omnia cit. vol. XXXII, p. 232.
7 Sulla figura di Renato Ricci si veda la biografia di S. Setta, Renato Ricci. Dallo squadrismo alla Repubblica sociale italiana, Il Mulino, Bologna 1986.
La MVSN era stata formalmente istituita nel dicembre 1922 con il compito di essere la guardia armata della rivoluzione fascista: essa si articolava in una milizia ordinaria e in una serie di milizie speciali (confinaria, ferroviaria, forestale, portuale, postelegrafonica, stradale, ecc.). Non si dispone ancora di uno studio organico sulla MVSN e, probabilmente, la ricerca migliore resta la tesi di dottorato – non pubblicata – di G. L. Gatti, L’anima militare del fascismo. La Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale (relatore G. Rochat, Università di Torino, a.a. 2003-2004).
8 A. Tamaro, Due anni di storia 1943-1945 cit. Il comunicato dell’agenzia Stefani del 1 ottobre 1943 dal significativo titolo La milizia inquadra l’esercito si trova alle pp. 298-299 del vol. II.
9 F. W. Deakin, Storia della repubblica di Salò cit. p. 566.
10 Ivi, p. 590.
11 R. Graziani, Ho difeso la patria cit. p. 422.
12 R. Canosa, Graziani. Il maresciallo d’Italia cit. p. 295.
13 ACS, SPD CR, RSI, b. 71, f. 643, sf. 1 (Costituzione del nuovo esercito repubblicano) A (Problemi organizzativi e disposizioni generali), Promemoria – L’esercito repubblicano, 2 ottobre 1943. Le parole sottolineate lo sono anche nel testo originale.
14 F. W. Deakin, Storia della repubblica di Salò cit. p. 590.
15 Ivi, p. 592.
16 Per esempio, il 23 settembre 1943 il ministro della propaganda del Terzo Reich Joseph Goebbels si esprimeva in questi termini sul suo diario, dando sfogo al proprio livore, non esente da venature di stampo razzistico, contro il popolo italiano: «Il Duce intende creare un nuovo esercito italiano coi residui del fascismo. Ho i miei dubbi sulle sue possibilità di riuscita. Il popolo italiano non è all’altezza di una politica rivoluzionaria concepita con ampiezza di vedute. Gli italiani non vogliono essere una grande potenza. Questa volontà è stata loro inculcata artificialmente dal Duce e dal partito fascista. Il Duce avrà quindi scarsa fortuna nel reclutare un nuovo esercito nazionale italiano. Il vecchio Hindenburg aveva indubbiamente ragione quando disse che nemmeno Mussolini sarebbe mai riuscito a fare degli italiani altro che degli italiani». Cfr. J. Goebbels, Diario intimo, Arnoldo Mondadori, Milano 1948, pp. 627-628.
17 Sulla vicenda degli IMI, i quali sostanzialmente in massa rifiutarono di essere liberati dalla prigionia in cambio della loro partecipazione alla guerra di Hitler e Mussolini, si rinvia a G. Schreiber, Gli internati militari italiani nei campi di concentramento del Terzo Reich 1943-1945 cit.
18 Processo Graziani, Ruffolo, Roma 1950, vol. I, p. 261.
19 Nel documento Canevari, a giustificazione del proprio operato, scrive: «Perciò, quando mi recai il 16 al Q.G. dopo aver conferito con il Duce, non trovai eccessivamente strano che si progettasse che tali divisioni venissero costituite con gli ufficiali e i sottufficiali internati, con graduati internati e, più tardi, completate con reclute. Mi si assicurò che tali erano gli accordi precisi stabiliti con il Duce e il maresciallo Graziani secondo gli appunti stenografici che, per quest’ultimo, erano stati presi e che mi venivano continuamente citati». Cfr. ACS, SPD CR, RSI, b. 71, f. 643, sf. 6 (Costituzione delle divisioni italiane in Germania), questione dei protocolli Canevari-Buhle (16 ottobre), 3 dicembre 1943.
20 Decreto del Duce del Fascismo, Capo dello stato nazionale repubblicano, 27 ottobre 1943, Scioglimento delle forze armate regie e costituzione delle forze armate repubblicane, pubblicato sulla «Gazzetta ufficiale d’Italia» n. 262, 10 novembre 1943.
21 Il testo della legge è in E. Canevari, Graziani mi ha detto. 34 documenti, Magi Spinetti, Roma 1947, pp. 313-317.
22 G. Dolfin, Con Mussolini nella tragedia cit. p. 58.
Stefano Gallerini, “Una lotta peggiore di una guerra”. Storia dell’esercito della Repubblica Sociale Italiana, Tesi di Dottorato, Università degli Studi di Firenze, 2021

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Pensionato di Bordighera (IM)
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