Tra il dicembre del 1943 e il gennaio del 1944 cominciarono a esplodere diversi scioperi nelle principali imprese industriali della provincia di Vicenza

Il Veneto fu una delle regioni italiane più duramente colpite dalla guerra civile che si consumò tra il settembre del 1943 e il maggio del 1945. Le ragioni che stanno alla base di questo fatto sono molteplici e si legano soprattutto al mutamento del fronte italiano dopo l’armistizio dell’8 settembre. Nella regione, così come nel resto del paese, si era già radicato un sentimento di rifiuto verso la guerra che porterà buona parte della popolazione a resistere con le armi, la disobbedienza e l’isolamento, alle imposizioni degli occupanti <95. La posizione geografica della regione ne fece uno snodo fondamentale per i piani militari del Reich data la necessità di assicurarsi un corridoio per far ripiegare le truppe, in caso di sfondamento del fronte da parte delle forze alleate; la regione rappresentava un punto di passaggio, pressoché obbligato, per i valichi del Brennero e di Tarvisio <96.
Nello stesso momento la regione racchiudeva parte dei centri nevralgici del potere della RSI che, per circa due anni, governò il nord del paese e che più volte collaborò con le forze d’occupazione tedesca durante le azioni violente contro i partigiani e la popolazione civile, giungendo a orribili picchi di crudeltà <97. Infine, la zona montana tra il Veneto, il Trentino e il Friuli faceva pienamente parte della grande opera difensiva messa in piedi per fortificare il confine sud della Germania, nell’ottica di resistere all’invasione anglo-americana che stava lentamente risalendo la penisola.
Alcuni fenomeni di sfiducia e di aggressività da parte della popolazione civile erano precedenti all’occupazione tedesca <98. La prospettiva dei civili era altalenante: se da un lato, essi auspicavano la vittoria della Resistenza e la fine della guerra, dall’altro non sapevano quanto fidarsi dei partigiani, attorno ai quali giravano dicerie di violenza e soprusi <99. Il primo impulso alla resistenza attiva nella regione provenne dall’Università di Padova sull’esempio del rettore Concetto Marchesi, costretto all’esilio dal 1° dicembre 1943, del prorettore Egidio Meneghetti e all’incirca di una quindicina tra docenti e assistenti; nello stesso momento cominciarono a costituirsi anche i primi nuclei di bande armate che si sarebbero poi rafforzate e perfezionate nella valli vicentine come quella del Chiampo e dell’Agno, sull’Altopiano dei Sette Comuni e principalmente a Conco, sul massiccio del Pasubio, nelle valli veronesi dell’Alpone e del Progno, nelle zone di Montagnana e Cittadella, nel basso polesine e nel trevigiano <100.
La situazione che si stava venendo e creare avrebbe successivamente condotto ad una quantità di episodi violenti che, seppur singolarmente non paragonabili ai grandi eccidi toscani, avrebbe segnato tutto il periodo di occupazione del Veneto ed in particolare in due momenti: tra il giugno e il settembre 1944 e durante la ritirata tedesca nella primavera 1945. Gli episodi in questione spesso riportavano vittime singole o in numero estremamente limitato ma con una cadenza pressoché continua e con un’esecuzione attuata in maniera rigorosa <101.
In questa ottica generale la provincia di Vicenza risulta particolarmente rilevante in quanto, a causa delle particolari condizioni geomorfologiche che consentirono un ampio sviluppo de gruppi partigiani, risultò essere una spina nel fianco sia delle forze tedesche che del governo di Salò. Questa situazione risulta ancor più particolare se si considera il fatto che l’occupazione del capoluogo, e poi del resto della provincia, avvenne quasi senza colpo ferire per i tedeschi e che manifestò forme molto vicine al collaborazionismo da parte delle autorità locali <102.
A livello materiale la provincia di Vicenza mostrava alcune caratteristiche che certamente ebbero un loro ruolo nel piano di sfruttamento messo in atto dai nazisti, in particolare sul piano economico la zona si era sviluppata in maniera diversa rispetto a molte altre nel Veneto: il carattere agricolo che contraddistingueva la regione aveva già lasciato spazio ad un settore industriale ben sviluppato, si pensi ad alcuni nomi importanti come Marzotto a Valdagno, Rossi a Schio o Pellizzari ad Arzignano <103.
Al Comando tedesco della piazza di Vicenza si susseguirono, nell’arco dei due anni di occupazione, i seguenti comandanti <104: Colonnello von Renor, dall’8 settembre al novembre 1943; Tenente Colonnello Hildensheim, dal novembre 1943 al marzo 1944; Tenente Colonello von Heinitz, dal marzo 1944 al gennaio 1945; Colonnello Wunderlitz, dal gennaio 1945 fino alla liberazione.
Dopo l’armistizio molti soldati sbandati cominciarono a convergere nelle prime formazioni che contrapponevano una resistenza armata all’occupante, passando successivamente per i GAP <105 ed infine alle bande partigiane ancora malamente organizzate e poco armate. Queste formazioni diedero comunque il loro supporto anche durante gli scioperi di inizio anno, in particolare effettuando atti di sabotaggio contro le linee elettriche e ferroviarie <106. Il salto di qualità della Resistenza avverrà, come vedremo in seguito, nella primavera del 1944, con la costituzione di Battaglioni e Brigate vere e proprie, organizzate e coordinate dai CLN <107. Già verso la fine del 1943 si possono notare i primi segni dell’insofferenza della popolazione vicentina nei confronti degli occupanti, come viene riportato in una lettera dell’Ispettore Generale di Pubblica Sicurezza di Zona, Giuseppe Antoci al Capo della Polizia del 24 dicembre 1943:
«Nella provincia di Vicenza durante la baraonda badogliana qualche industriale concesse il premio della libertà ai lavoratori, 577 ebrei stranieri si allontanarono dai comuni della provincia, dove si trovavano internati. Ad opera di comunisti, non ancora identificati, sono stati vigliaccamente uccisi con armi da fuoco due fascisti: uno il 23/11/u.s. in Marostica e l’altro la sera del 23 corrente in una piazza centrale del capoluogo. Sui monti dell’Altopiano dei Sette Comuni e sulle montagne di Conco si trovano alcune bande di ex prigionieri inglesi, americani e jugoslavi, alcuni soldati italiani sbandati e pochi giovani renitenti delle classi 1924-25, le quali si sono rese responsabili di reati contro il patrimonio e parecchie rapine.» <108
Per fare fronte a questa situazione sia i tedeschi che la RSI schierarono molte forze nella zona, i principali reparti militari repubblicani nel vicentino vennero accorpati nel 619° Comando Provinciale della GNR, mentre in loco rimasero le Legioni da Montagna appartenenti alla MVSN <109, ovvero la 42a Berica di Vicenza e la 44a Pasubio di Schio. Vennero stabilite le sedi dei presidi in sette città, ognuno dei quali corrispondeva ad un ex tenenza dei Carabinieri, così dislocate: Arzignano, Bassano del Grappa, Lonigo, Schio, Thiene, Valdagno e Vicenza. A loro volta vi erano molti distaccamenti ed ognuno corrispondeva ad un’ex stazione dei Carabinieri: Asiago, Aeroporto di Vicenza, Aeroporto di Thiene, Barbarano, Breganze, Camisano, Campese, Chiampo, Cismon del Grappa, Conco, Cornedo, Costozza, Crespadoro, Dueville, Italcementi di Schio, Longare, Lusiana, Malo, Marostica, Montebello, Montecchio Maggiore, Officine Pellizzari di Arzignano, Piovene Rocchette, polveriera di Montecchio Precalcino, polveriera di Rossano Veneto, Posina, Recoaro Terme, S. Ulderico di Tretto, Sovizzo e Valli del Pasubio110. Le forze tedesche schierate nella zona di Vicenza risultavano molto eterogenee e comprendevano: l’Einsatzkommando “Burger” <111 che comprendeva circa 820 uomini; il Luftwaffe-Sicherungs-Regiment 36 Italien <112 forte di circa 250 avieri; l’SS-Polizei Regiment III.12 <113; gli SS-Orsdnungspolizei Regimen “Bozen”, “Schalnders” e “Alpenvorland” <114 e l’Ost-Bataillon 263 <115 specializzato nella repressione antipartigiana <116. Nonostante il dispiegamento massiccio di forze, anche tra i ranghi degli occupanti serpeggiava paura e malcontento a causa della situazione precaria e a volta sfiancante come testimoniato, ad esempio, da un comunicato al Comando della 22ª Brigata Nera di Vicenza:
«[…] vi comunico che i sottoindicati squadristi appartenenti a questo fascio e già al distaccamento di Altavilla traferiti in data 17/9 alla 2ª Brigata Nera Mobile in Asiago con promessa di un breve periodo di tempo sono tutt’ora in forza alla suddetta dopo tre mesi di permanenza e chiedono insistentemente a mio ½ il rientro nella 22ª Brigata Nera con assegnazione che vorrete dare possibilmente nella prima Compagnia. […] rimangono così in quattro a trovarsi in una situazione morale di avversione a rimanere costà e potrebbero in tale situazione commettere imprudenti assenze arbitrarie od abbandono dei posti con male esempio ai propri camerati e nell’organizzazione stessa.» <117
Mentre le forze nazi-fasciste si dispiegavano nel territorio vicentino, lo stesso cominciavano a fare le forze del governo italiano di Badoglio e quelle alleate. Subito dopo l’armistizio la N. 1 Special Force, branca del SOE <118, prese contatto col SIM <119 a Brindisi per reclutare volontari italiani da inviare oltre le linee nemiche nella missione Marini Rocco Service (MRS). Nel dicembre del 1943 essa aveva individuato nell’Altopiano di Asiago una zona di lancio adatta; le armi ed i mezzi messi a disposizione dalla missione vennero concessi alle bande partigiane di matrice comunista dopo diverse mediazioni tra i responsabili militari e i capi della Resistenza. La missione effettuò cinque lanci sul Novegno e altri cinque sulla Conca Marcesina sull’Altopiano di Asiago <120.
Tra il dicembre del 1943 e il gennaio del 1944 cominciarono a esplodere diversi scioperi nelle principali imprese industriali della provincia; essi erano rivolti principalmente contro l’occupazione tedesca e la precettazione obbligatoria dei lavoratori da inviare in Germania. Il 18 dicembre scioperarono 150 operai delle officine ferroviarie, il 5 gennaio gli operai della Pellizzari di Arzignano e il 7 al setificio Bressan a Magrè di Schio <121. Queste manifestazioni, accompagnate dalla solidarietà della classe operaia con i nascenti gruppi partigiani, diedero impulso ad un aumento degli effettivi di questi ultimi, in particolare nella valle dell’Agno dove il gruppo di Malga Campetto cercò di espandersi versi l’Altopiano di Asiago <122. Il fallimento di questi scioperi, sul fronte delle rivendicazioni economiche e politiche, non dipese dalla mancanza di manifestanti che, per le stime più attendibili, furono circa 100.000 quanto piuttosto dalla mancata solidarietà tra gli abitanti della città e quelli della campagna. Questa considerazione dimostra che il Partito Comunista non riuscì, in quel preciso momento, a coinvolgere la maggioranza della popolazione veneta ancora, per la maggior parte, agricola. <123
[NOTE]
95 Peli, La Resistenza in Italia, p. 223.
96 Collotti -Sandri -Sessi, Dizionario della Resistenza, Vol. I, p. 546.
97 Carano, Oltre la soglia, p. 7.
98 Peli, La Resistenza in Italia, p. 221.
99 Brunetta, Veneto e Resistenza, p. 166.
100 Collotti -Sandri -Sessi, Dizionario della Resistenza, Vol. I, p. 548.
101 Carano, Oltre la soglia, p. 9.
102 Franzina, Vicenza di Salò, p. 56; Pirina, Guerra civile sulle montagne, vol. III, pp. 1-2.
103 Barbieri -De Rosa, Storia di Vicenza, pp. 155-156.
104 Comitato di Liberazione Nazionale Provinciale di Vicenza al Presidente del CLNP, relazione sui Comandanti tedeschi della piazza di Vicenza (19 aprile 1946), ASVI, CLNP, b. 15 bis fasc. b, sotto-fascicolo b19.
105 Gruppi di Azione Patriottica, nati nell’ottobre del 1943 su impulso del Partito Comunista come unità combattenti che agivano principalmente in ambiente urbano. Per una storia esaustiva dei GAP, si veda Santo Peli, Storie di GAP, Einaudi, 2014.
106 Comando brigate Garibaldi del Veneto, relazione sul lavoro dei GAP e dei partigiani per sostenere lo sciopero del 1-3-1944, p. 4, Archivi della Resistenza.
107 Collotti -Sandri -Sessi, Dizionario della Resistenza, Vol. I, p. 549.
108 Citato in Franzina, La provincia più agitata, pp. 143-144.
109 Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale, corpo paramilitare fascista.
110 Scabio, 600 giorni di storia della Repubblica Sociale italiana a Vicenza, pp. 37-39.
111 Gruppo Operativo Burger, composto da tre compagnie il cui personale era reclutato principalmente dalla Feldgendarmerie e dalla Schutzpolizei.
112 36° Reggimento di Sicurezza della Luftwaffe italiana, specializzato nella lotta contro le bande.
113 Terzo battaglione del dodicesimo reggimento di polizia SS, d’istanza a Verona.
114 Reggimenti di polizia sudtirolese: “Bolzano”, “Silandro” e “Prealpi”, formati da unità armate dai collaborazionisti del bacino di lingua tedesca del Sudtirolo.
115 263° Battaglione dell’Est, composto da quattro compagnie di volontari dell’Europa orientale, in prevalenza ucraini, georgiani e abitanti di origine tedesca della regione del Volga.
116 Dossi Busoi, I grandi rastrellamenti nazi-fascisti dell’estate-autunno nel vicentino, pp. 205-230.
117 Partito Fascista Repubblicano di Altavilla Vicentina, Comandante Alcide Celsan al comando della 22ª Brigata Nera (29 agosto 1944), ASVI, CLNP, b. 17 fasc. 3.
118 Special Operations Executive, servizi segreti militari britannici.
119 Servizio Informazioni Militari italiano.
120 Zorzanello -Fin, Con le armi in pugno, pp. 307-310.
121 Comando brigate Garibaldi del Veneto, dal Corpo Volontari della Libertà al Comando Generale delle brigate e dei distaccamenti d’assalto Garibaldi, informazioni sull’attività dei GAP della regione Veneto pp. 1-2, (5 maggio 1944), Archivi della Resistenza.

Matteo Ridolfi, La guerra civile nel vicentino nord-occidentale. Stragi ed eccidi dalla Val Chiampo alla Val d’Astico (1943-1945), Tesi di laurea magistrale, Università degli Studi di Padova, Anno Accademico 2022-2023

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