L’elezione di Gronchi non era ben vista dagli americani

Il biennio 1955-56 è comunemente considerato come un anno di svolta nel contesto politico internazionale: causò grandi capovolgimenti in ogni scenario inserito nella logica della guerra fredda. In Italia, il progressivo esaurirsi della formula di governo centrista, in concomitanza con la distensione internazionale e poi della rivoluzione ungherese, faceva già prevedere un imminente scivolamento a sinistra. Questa possibilità destava forti preoccupazioni in seno ad ampi strati dell’opinione pubblica, in particolare negli ambienti industriali. Nel maggio del 1955 Giovanni Gronchi, contro il candidato “di bandiera” della Dc Cesare Merzagora, venne eletto Presidente della Repubblica, anche grazie al sostegno di socialisti e comunisti <37, nonché ai voti del Msi. L’elezione di Gronchi non era ben vista dagli americani. Nel luglio dello stesso anno, Fernando Tambroni venne nominato ministro degli interni del primo governo presieduto da Mario Segni nel luglio 1955, incarico che tenne fino al febbraio 1960, quando venne chiamato egli stesso a formare un governo che, come noto, verrà spento sul nascere a causa dell’appoggio del Msi, e questo causerà la sua fine politica. Durante i cinque anni in cui tenne il ministero, egli fece un ampio uso della struttura dell’Uar [servizi segreti della polizia] per aumentare il suo potere.
Tra i giri di nomine del ’55, infine, durante gli ultimi giorni dell’anno, il generale De Lorenzo prese ufficialmente la guida del Sifar. De Lorenzo e Tambroni, rispettivamente uno a capo del Sifar e l’altro dell’Uar, accrebbero in parallelo le loro rispettive influenze in seno alle istituzioni dello stato usufruendo al massimo delle potenzialità e i mezzi delle strutture che comandavano, entrando anche in concorrenza l’uno con l’altro.
Questi sconvolgimenti ebbero una diretta risonanza nelle dinamiche di governo. Dal ‘56, infatti, data per conclusa la spinta propulsiva della formula centrista, si cercò la possibilità di un nuovo equilibrio di governo a destra (ricerca che si concluse con il tentativo di governo di Tambroni nel 1960, segnandone al contempo l’apice e il fallimento), opzione molto caldeggiata dall’intelligence americana. In una relazione del 1954 sulla situazione politica italiana pubblicata dal Center of International Studies dell’Università del Massachussets, troviamo una puntuale predizione (e auspicio) della ricerca a destra, preso atto della “scomparsa della stabilità politica”. Nel valutare una possibile (ma destinata, secondo l’autore, al fallimento) apertura al PSI: “Questo non significa che l’Italia diventerebbe comunista. Al contrario, una soluzione può essere cercata a destra. {…} In queste circostanze un ritorno al fascismo, pur possibile, non appare probabile. Appare invece più probabile la graduale apparizione di un regime clericale, moderato, ma essenzialmente autoritario, del tipo portoghese” <38.
E ancora, è interessante notare come, alla domanda se gli Stati Uniti abbiano degli interessi perché in Italia perduri uno stato democratico: “[…] se è chiaro che gli Stati Uniti hanno bisogno dell’Italia nella guerra “fredda” […] non ne consegue che siano ugualmente interessati al sopravvivere della democrazia in Italia. […] Anche una più violenta sterzata a destra, con o senza guerra civile, si concluderebbe probabilmente con l’Italia dalla parte americana”.
In Italia ci fu l’ala destra della Dc, il cosiddetto “partito cattolico”, a interpretare tali ambizioni nella seconda metà degli anni Cinquanta. Lo storico Pietro Neglie riassume così la composizione del fronte conservatore-reazionario del partito: “Il Msi era potenzialmente partner del partito di maggioranza e punto di raccordo di un variegato fronte conservatore-reazionario, il quale, a fronte dell’inaffidabilità della Dc, acquistava peso e spessore e guardava con attenzione “ad un nuovo soggetto politico cattolico che costruisse attorno a sé uno schieramento di forze comprendente l’estrema destra, in grado di assicurare al paese una solida maggioranza governativa e di attuare, al contempo, una riforma istituzionale di tipo presidenzialista. Parliamo di quella destra democristiana che con il sostegno dei Comitati Civici, della Chiesa (il cardinal Siri), della politica (il ministro Tambroni), delle riviste “Ordine Civile” e “Lo Stato” di Baget Bozzo, mirava a provocare una scissione all’interno della Dc”. <39
Fu proprio con Fernando Tambroni come presidente del consiglio, nei primi mesi del 1960, che l’Italia tentò questa via con il varo di un governo di destra e a vocazione presidenzialista, grazie ai voti determinanti del MSI.
Ma ciò che più ci interessa ai fini del presente studio, è il potenziamento che il Tambroni operò sugli apparati di intelligence del corpo di polizia durante la sua attività da ministro e l’uso personalistico e ricattatorio che fece delle informazioni ricavate grazie a questi servizi. Probabilmente egli arrivò al vertice del governo proprio grazie all’influenza negli anni precedenti passati al Ministero dell’Interno.
[NOTE]
37 M. Gotor, l’Italia nel Novecento, Einaudi (2019), pg. 187
38 Fondo Malagodi, b. 35, fasc. 69, Center of International Studies del Massachussets Insitute of Technology, La situazione politica italiana nella primavera del 1954, testo a firma di Vincent Barnett. Citato in Davide Conti, L’Italia di Piazza Fontana, Feltrinelli (2019).
39 Pietro Neglie, Il pericolo rosso, Luni Editrice (2017) pg. 282
Claudio Molinari, I servizi segreti in Italia verso la strategia della tensione (1948-1969), Tesi di laurea, Università degli Studi di Trieste, Anno Accademico 2020-2021

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Pensionato di Bordighera (IM)
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