Una specie di sfogo che non fu inserito nei “Coetanei” per mia volontà

Suscitò numerose polemiche la pubblicazione di alcuni stralci delle lettere di Italo Calvino ad Elsa De’ Giorgi, perché fu intesa da alcuni <268 una violazione del privato dello scrittore, mentre da altri <269 come via privilegiata per conoscere e comprendere l’arte di Calvino, oltre che per vivere in presa diretta il farsi di alcune sue opere letterarie di cui via via raccontava all’amante, come il “Visconte dimezzato”, le “Fiabe” e i “Racconti”.
[NOTE]
268 A. ASOR ROSA, La vita privata di uno scrittore, «La Repubblica», 7 agosto 2004.
269 Fu Paolo Di Stefano a pubblicare sul «Corriere della Sera» due lettere che Calvino spedì alla De’ Giorgi che però erano state espunte dal volume Le Lettere 140‐1985, edito da Mondadori nel 2000. Di Stefano, inoltre, ricorda a coloro che si fecero portabandiera del diritto alla privacy di un autore deceduto, che era stata la stessa De’ Giorgi a pubblicare, nel 1990, alcune lettere di Calvino «che oggi fanno scandalo e che un suo libro rievoca la relazione con Italo, utilizzando generosamente lo stesso carteggio».
Anna Pavone, Collaborazioni e conflitti. Il rapporto tra autori filologi ed editori. Il caso “Tutti contenti” di Paolo Di Stefano, Tesi di Dottorato, Università degli Studi di Catania, Anno Accademico 2009-2010

[…] Considerata nel suo complesso, dunque, l’attività di de’ Giorgi appare contrassegnata da una duplice inclinazione, protesa, in un durevole contrappunto, tanto verso il dominio del verbale quanto in direzione dei linguaggi visuali. Dal punto di vista teorico, dunque, l’erma bifronte dell’ispirazione dell’attrice può avvalersi della categoria interpretativa del ‘doppio talento’. Delineata in anni recenti da Michele Cometa, tale prospettiva ermeneutica si fonda sulla ‘doppia vocazione’, appunto, «di scrittori che fanno ricorso ai media visuali durante la creazione letteraria o accanto a essa» (Cometa 2014, p. 48), laddove per «media visuali» si intendono la pittura e, in misura minore, anche la scultura e l’architettura. Ad un primo sguardo, le riflessioni che lo studioso ha elaborato in relazione, prevalentemente, agli scrittori-pittori sembrano attagliarsi al terreno critico delle attrici che scrivono (e delle scrittrici che recitano). In quella che rappresenta la prima mappatura della diva-grafia, infatti, Maria Rizzarelli ha già offerto un accostamento della duplice vocazione di de’ Giorgi al concetto di Doppelbegabung; tuttavia, nel tracciare il sentiero di un inquadramento teorico delle divagrafie, questa pioneristica ricognizione indica una serie di criticità rispetto alle quali Rizzarelli enuncia un appropriato avvertimento:
“Il caso dell’attrice che scrive rientra senz’altro a pieno titolo nell’ampia e sfaccettata categoria del «doppio talento» […]. Provare ad applicare tale categoria all’eterogenea produzione letteraria firmata dalle attrici, per saggiarne in tal modo la fecondità ermeneutica, significa innanzitutto interrogarsi sugli oggetti di studio implicati (produzioni doppie, filmiche e letterarie), sulle convergenze (o sulle divergenze) fra l’immagine attoriale rappresentata dall’autrice nella propria esperienza performativa e quella contenuta nel testo letterario, sui riverberi e sulla dimensione metatestuale che la scrittura produce rispetto allo stile recitativo e alla star persona. Per quanto, però, si provi a tradurre le tipologie individuate da Michele Cometa in riferimento agli scrittori-pittori […], la traslazione delle arti figurative a quelle performative impone un adeguamento dello sguardo critico ad un codice più complesso e sfuggente” (Rizzarelli 2017).
In effetti, una lettura dell’attività di Elsa de’ Giorgi condotta attraverso la prospettiva del doppio talento restituisce in controluce una collocazione fuori asse della carriera dell’attrice e lascia emergere, piuttosto, un iter artistico che, sebbene nell’ambito di un terreno di confronto parzialmente condiviso, risulta allineato in maniera imperfetta con una tassonomia, quella degli scrittori che hanno fatto ricorso alle arti figurative, articolata principalmente sulla pagina come unico supporto mediale. Una delle difficoltà più evidenti nell’adeguamento della categoria del doppio talento al territorio delle attrici che scrivono riguarda le questioni poste dall’autorialità. Cometa restringe il campo d’indagine ai soli casi in cui «l’autore della parte testuale e di quella figurativa coincidono perfettamente» (ivi, p. 48n). Sia per l’esperienza attoriale che per quella registica, è noto come lo statuto autoriale non goda di una immediata individuazione. Spesso conteso tra le figure dell’attore, del regista, dello sceneggiatore, l’autore di un film (e il discorso non appare meno complicato per il teatro) può addirittura spostarsi sul terreno della produzione, qualora si consideri autore «il responsabile materiale della fattura dell’opera» e la pellicola venga valutata «come artefatto o come prodotto» (Pescatore 1999, p. 204). Ma a prescindere dalle ambiguità derivanti dal lavoro collettivo che presiede all’opera filmica, alcune frizioni tra l’assetto teorico e gli oggetti di analisi sono rinvenibili anche nel caso in cui sotto la lente d’ingrandimento del doppio talento venga posta la produzione letteraria di Elsa de’ Giorgi, nel tentativo di rintracciarne, sulla base dei codici espressivi chiamati in causa, raccordi e sfasature, momenti di incontro e divergenze […]
Corinne Pontillo, Per una declinazione del doppio talento nella carriera di Elsa de’ Giorgi, Arabeschi n. 12

Elsa De Giorgi si rivelerà una grande estimatrice del valore intellettuale e caratteriale di Masino, della quale in una lettera inviatale il 31 agosto del 1980, ricorderà lo «“stile spregiudicato, risonante di una cultura novecentesca tra le più pregnanti, incluso l’espressionismo”». De Giorgi già nelle missive risalenti agli anni cinquanta, confesserà una certa apprensione per lo stato emotivo in cui verte l’amica in questi anni di silenzio letterario, tanto da accogliere con un certo sollievo la volontà di Masino, espressa nel 1951, di avviare un nuovo progetto letterario, stavolta un volume di liriche, sottolineando come la scrittura sia l’unico strumento a portata di Paola per poter avviare una vera rinascita. Di rimando, De Giorgi potrà contare sull’attenzione di Masino, tanto da sentire la sicurezza necessaria per poterle confidare i suoi progetti letterari – di narrativa e saggistica – imminenti e fare riferimenti alla sua attività scultorea. EAD., Frammenti di biografie intellettuali nelle lettere a Paola Masino, in «Comunicare letteratura», s. n., 2011, p. 42 e p. 50
Arianna Ceschin, «Preferisco sbagliare tutto ma buttarmi a capofitto»: Paola Masino e la rivista «Mercurio» di Alba de Céspedes, Tesi di Dottorato, Università Ca’ Foscari – Venezia, 2018

Gli intellettuali che hanno continuato a vivere, continuano a scrivere. Tutti, anzi, ripresero a scrivere e vi è un capitolo su essi, una specie di sfogo che non fu inserito nei “Coetanei” per mia volontà e che descrive questo aspetto curioso, impudico, sconcertante degli uomini di penna facile o meno a riprenderne il dominio, e il nostro disagio a doverli rileggere come se niente fosse stato.
Elsa De’ Giorgi in Tommaso Tovaglieri, Dicevo di te, Elsa de’ Giorgi, Schena Editore, 2019

[…] si erano infatti espressi a favore dell’ammissione di Bene al Festival l’attrice Elsa De Giorgi, Ennio Flaiano e Alberto Arbasino <149. Nel 1965 le opere proposte sono invece, a scelta dell’istituzione, “Pinocchio” di Carmelo Bene o “Brigitte Bardot” di Roberto Lerici: nella seconda metà di maggio contattano Dorigo per lettera sia Lerici da Milano, che Bene e Siniscalchi da Roma. Un paio di missive – provenienti, come gli altri documenti citati in queste righe, dall’Archivio Storico delle Arti Contemporanee (ASAC) della Biennale di Venezia – sono trascritte integralmente negli apparati <150
[…] La co-autorialità è probabilmente la ragione principale dell’esclusione di questi scritti dalla silloge beniana del 1995, peraltro curata dall’autore stesso, che per onestà intellettuale avrà dato la precedenza ai materiali di cui poteva dirsi unico responsabile (oltretutto Roberto Lerici, nel frattempo, era mancato) <193.
[NOTE]
149 V. Fascicolo “Manon di Carmelo Bene” (1964), Archivio Storico delle Arti Contemporanee (ASAC) – La Biennale di Venezia, Fondo Storico, serie Teatro, busta 025: in questo fascicolo, oltre alla lettera di cui alla nota precedente, troviamo, tra l’altro, una lettera manoscritta del 2 aprile a firma di «Elsa de’ Giorgi Contini Bonacossi» per caldeggiare a Dorigo l’inserimento nella programmazione del XXIII Festival Internazionale del Teatro dello spettacolo “Manon”, e troviamo un telegramma a Dorigo del 18 aprile firmato da Elsa De Giorgi, Alberto Arbasino ed Ennio Flaiano.
150 Cfr. infra, pp. 457-461. Come si sa, Carmelo Bene prenderà parte nel 1968 alla Biennale Cinema con il lungometraggio “Nostra Signora dei Turchi”; per contatti con il Settore Teatro dovremo invece attendere la già ricordata nomina a direttore artistico del gennaio 1988. L’Archivio Storico delle Arti Contemporanee della Biennale custodisce ovviamente anche materiale relativo alla tormentata vicenda occorsa a cavallo degli anni Ottanta e Novanta[…]
193 Che sia questo anche il motivo della altrimenti inspiegabile esclusione dalle Opere di Manon, testo di indubbia qualità letteraria? Come risulta dai carteggi conservati all’ASAC-Biennale (v. gli apparati, infra, pp. 456-457), il copione, nel mese di aprile 1964, era giudicato fortemente lacunoso. Con un telegramma, Elsa De Giorgi rassicurava il direttore del Settore Teatro: «Flaiano Arbasino et io collaboriamo stesura definitiva et dialoghi testo Manon». L’ipotesi più probabile è che l’attrice intendesse soltanto fugare le preoccupazioni di Wladimiro Dorigo legate all’incompiutezza del dramma; d’altra parte, non possiamo aprioristicamente escludere un fondo di verità nelle sue parole.
Silvia Gussoni, «Non esisto: dunque sono». Incontri immemoriali e drammi inediti di Carmelo Bene, Tesi di Dottorato, “Sapienza” Università degli Studi di Roma, Anno Accademico 2022-2023

Una testimonianza di Elsa de’ Giorgi, che dopo la guerra sposò Sandrino Contini Bonacossi, lascia pensare che Levi avesse potuto conoscere i Contini Bonacossi già negli anni Trenta, quando quella famiglia viveva ancora a Roma e Levi vi trascorreva dei periodi per lavoro. Avevano almeno una conoscenza in comune: lo scrittore e regista Mario Soldati <121. In seguito non dovettero mancare occasioni per incontri a Firenze, favoriti anche da comuni interessi nel campo dell’arte <122. I Contini conoscevano bene Carlo Ragghianti, a cui il giovane Sandrino era legato anche dai suoi studi. Come si è visto, Levi poté prospettare alla sorella Luisa un impiego come istitutrice presso i Contini, a Firenze, nel 1943 <123.
[NOTE]
121 Cfr. de’ Giorgi, L’eredità Contini Bonacossi cit., pp. 46-48; sull’amicizia tra Levi e Soldati, cfr. De Donato, D’Amaro, Un torinese del Sud cit., in part. pp. 81-82.
122 Anche negli anni della guerra, i Contini cercarono di mantenere le loro abitudini; conservarono la loro collezione d’arte a villa Vittoria il più a lungo possibile, continuando a invitare amici e conoscenti. Arturo Loria annota dopo una sua visita, il 3 maggio 1942: “Dopo cena a Villa Vittoria dai Contini, i quali, stanchi di veder la loro casa desolata e con i muri pieni di corde penzoloni, hanno fatto tornare dalle varie fattorie tutti i quadri e rimontato la Galleria. Non me la ricordavo bene. Quale stupenda collezione! È stata per ma una grande ubriacatura riveder tante opere belle dopo così lungo tempo. Quando si riapriranno i Musei?” (citato in Firenze: dalle «Giubbe Rosse» all’«Antico Fattore» cit., pp. 114-115).
123 Cfr. supra, cap. 2, par. 3.
Filippo Benfante, Carlo Levi a Firenze e la Firenze di Carlo Levi (1941-1945). Vita quotidiana e militanza politica dalla guerra alla Liberazione, Tesi di dottorato, European University Institute, Firenze, 2003

Nel 1948 Elsa de’ Giorgi sposò Alessandro Contini Bonacossi, detto ‘Sandrino’ <9, partigiano, scrittore e curatore d’arte al quale dedicò il memoriale partigiano “I Coetanei” […]
9 Alessandro Contini Bonacossi, nipote affiliato di Alessandro Bonacossi e Vittoria Galli, era legato ai due genitori acquisiti da doppio vincolo di parentela: suo padre era infatti fratello di Alessandro e sua madre era invece figlia di Vittoria, avuta dal precedente matrimonio. L’omonimia col conte Alessandro Augusto (Sandro), figlio primogenito di Alessandro e Vittoria, ha generato talvolta confusione e sovrapposizioni errate tra i due personaggi.
Eugenia Petrillo, Italo Calvino ed Elsa De Giorgi: l’itinerario di un carteggio, Tesi di Laurea, Università degli Studi di Padova, Anno Accademico 2014-2015

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Pensionato di Bordighera (IM)
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